Il sindacato esprime «indignazione e preoccupazione per un gesto vile e inquietante» e definisce «inaccettabile che chi lavora debba provvedere a munirsi di scorta familiare per affrontare un pericolo ipotetico da mettere in conto nell’espletamento di funzioni di cura e assistenza ai pazienti»
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«Ennesima aggressione ad una dottoressa di continuità assistenziale, ancora una volta una donna, forse la più traumatica in quanto la dinamica con cui si è consumata sottende il pericolo che si sia trattato di un tentativo di violenza sessuale presso il domicilio del paziente». È quanto scrive in una nota la Fp Cgil della Calabria.
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«Esprimiamo non solo la vicinanza alla giovane dottoressa, ma anche tutta la nostra indignazione e preoccupazione per un gesto vile e inquietante su cui attendiamo che gli inquirenti facciano velocemente chiarezza – continua il sindacato –. Tuttavia riteniamo che non sia più possibile che il personale sanitario della nostra regione sia esposto ad aggressioni ripetute sia nei luoghi in cui si eroga direttamente assistenza, ma anche sulle ambulanze, presso i domicili, ai cup o ovunque».
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«È del tutto anomalo e inaccettabile che chi lavora debba provvedere a munirsi di scorta familiare per affrontare un pericolo ipotetico da mettere in conto nell’espletamento di funzioni di cura e assistenza a pazienti che dovrebbero, invece, accogliere l’intervento dei professionisti sanitari come atto salvifico del proprio benessere e della propria salute – aggiunge la Fp Cgil –. Sono necessarie maggiori e diffuse tutele per mettere fine a condizioni di rischio incomprensibili riguardo le professioni sanitarie».
«Questa che sembra una contraddizione in termini, un paradosso, ha origini che affondano in troppi anni di discredito dei sanitari pubblici vittime piuttosto di non essere messi nelle condizioni di dare risposte ai cittadini – conclude –. Diciamo “Basta!” alle aggressioni e non ci “basta” più la solidarietà e l’indignazione».