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Alle prime ore della mattinata, a conclusione di complesse ed articolate indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, gli investigatori della Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria e del Commissariato P.S. di Condofuri (RC), hanno dato esecuzione all’ordinanza di applicazione degli arresti domiciliari, emessa dal gip del Tribunale di Reggio Calabria nei confronti dei soggetti di seguito indicati, ritenuti responsabili del delitto di procurata inosservanza di pena a favore del latitante Antonino Zampaglione, nato a Montebello Ionico (RC) 69 anni, arrestato il 7 febbraio 2015:
Annunziata Pio, nata a Montebello Ionico (RC), 58 anni (moglie di Zampaglione Antonino);
Carmelo Zampaglione, nato a Reggio Calabria, 34 anni (figlio di Zampaglione Antonino);
Saverio Zampaglione, nato a Melito di Porto Salvo (RC), 36 anni (figlio di Zampaglione Antonino);
Salvatore Martino, nato a Melito di Porto Salvo (RC), 29 anni;
Emanuele Foti, nato a Reggio Calabria, 33 anni;
Fabio Salvatore Ferrigno, nato a Reggio Calabria, 40 anni.
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Le indagini della Polizia di Stato
L’articolata attività di indagine condotta dal Commissariato di P.S. di Condofuri (RC) e dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria dal mese di dicembre 2013 al mese di febbraio 2015, ha consentito di accertare come i più stretti congiunti e collaboratori di Zampaglione si recassero ciclicamente a fargli visita nei luoghi in cui, di volta in volta, il latitante aveva trovato rifugio.
Per giungere in modo riservato nei luoghi in cui il ricercato si nascondeva, i favoreggiatori solitamente effettuavano - lungo il percorso - diversi cambi di autovetture: nel primo tratto utilizzavano autoveicoli in uso alla famiglia e in quelli successivi altri mezzi forniti da soggetti appartenenti alla cerchia di amici, parenti e conoscenti. Per eludere i pedinamenti, mantenevano una velocità di marcia elevata, con brusche decelerazioni, allo scopo di verificare se fossero seguiti.
Grazie ai servizi di osservazione sul territorio e a diversi presidi tecnologici (intercettazioni ambientali e satellitari sulle autovetture in uso alla famiglia e servizi di videosorveglianza disposti dalla D.D.A. di Reggio Calabria), emergeva in modo univoco come gli strettissimi congiunti del latitante, in diverse circostanze, perlopiù in orari serali e notturni, dopo aver posto in essere diversi escamotages volti ad eludere qualsiasi forma di pedinamento o sorveglianza, si dirigessero verso la città di Reggio Calabria dove facevano perdere sistematicamente le tracce.
Zampaglione considerato parte integrante della cosca Iamonte
Nel corso delle indagini era emerso che Annunziata Pio, specialmente in occasione di festività, aiutata dai figli Saverio e Carmelo Zampaglione e dal fidato collaboratore Martino (dipendente dell’officina meccanica di Saverio Zampaglione), si recava a trovare il marito latitante, anche per diversi giorni, nei vari luoghi di temporaneo rifugio, al fine di rifornirlo di generi alimentari, vestiario e medicine, in modo da consentirgli di proseguire la latitanza e sottrarsi alle ricerche della Polizia.
Antonino Zampaglione, è stato da sempre considerato elemento organico alla cosca Iamonte di Melito Porto Salvo (RC). Già sottoposto alla misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale di P.S. nel 1996 - come riferito da alcuni collaboratori di giustizia - grazie alla sua attività di autotrasportatore, nel corso degli anni, aveva potuto muoversi indisturbato dal paese di origine in vari punti della Nazione.
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Dal mese di marzo del 2012, Zampaglione si rendeva irreperibile, sottraendosi all’Ordine di esecuzione emesso in data 09.03.2012 (a seguito di determinazioni assunte dalla Corte di Cassazione in data 08.03.2012), dalla Procura Generale - Ufficio Esecuzioni - presso la Corte di Appello di Reggio Calabria, dovendo egli espiare la pena detentiva fissata in anni 24, mesi 9 e giorni 15 di reclusione per associazione di tipo mafioso e omicidio doloso in pregiudizio di Antonio Pangallo (di Montebello Ionico cl.1923) avvenuto nel febbraio 1990 a Fossato di Montebello Ionico. Secondo l’ipotesi accusatoria, detto omicidio sarebbe stato commissionato dai Pio (affiliati agli IAMONTE) e dallo stesso Zampaglione, che in tal modo avevano inteso vendicare la morte del padre dei Pio nonché suocero dello Zampaglione, avvenuta qualche tempo prima per mano del Pangallo.