VIDEO | Il primo cittadino Pino Capalbo sin dalla prima fase del lockdown sta chiedendo a gran voce di poter utilizzareil nosocomio cittadino come centro covid o per decongestionare gli altri presidi in provincia di Cosenza
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Il sistema sanitario calabrese fa acqua da tutte le parti e l’emergenza sanitaria coronavirus non ha fatto altro che mettere in luce una triste realtà, che ogni calabrese conosce ormai da decenni e vive sulla propria pelle: una sanità pubblica regionale allo sbando.
Nelle ultime settimana tra temi che stanno tenendo banco, oltre alla nomina del nuovo commissario regionale alla sanità, che dovrà prendere il posto di Saverio Cotticelli, ci sono il potenziamento dei posti di terapia intensiva e la costruzione di quattro ospedali da campo. Cosi come annunciato e quasi con un pizzico di soddisfazione dal presidente facente funzioni Nino Spirlì.
Molti sindaci, però, stanno chiedendo a gran voce, sin dal primo lockdown, il ripotenziamento di alcuni ospedali già esistenti, tra questi, il nosocomio di Acri, considerato ospedale di zona disagiata che abbraccia potenzialmente un bacino d’utenza di oltre 60mila abitanti. Non solo, lo stesso presidio ospedaliero dispone degli spazi necessari all’attivazione dei posti letto sub intensivi, poiché nel piano di riorganizzazione della rete ospedaliera erano destinati alla lungodegenza.
Il “Sant’Angelo” di Acri necessità solo di piccoli interventi di manutenzione (ad esempio la tinteggiatura) ma darebbe respiro all’intero sistema sanitario della zona, considerando anche il fatto che il presidio ospedaliero acrese dista circa 50 chilometri dall’ospedale hub di Cosenza e dallo spoke di Corigliano Rossano, con una rete viaria che non è di certo agevole, soprattutto con l’avvicinarsi della stagione invernale.
Il sindaco di Acri Pino Capalbo ha spiegato come, da quando è stata dichiarata l’emergenza sanitaria, abbia segnalato più volte la necessità di potenziare l’ospedale “Sant’Angelo”, chiedendone l’inserimento nella rete degli ospedali Covid o, in subordine, l’utilizzo come ospedale di supporto e decongestione per le strutture ospedaliere di Cosenza e Corigliano Rossano e dunque per poter ospitare i pazienti ospedalizzati non Covid.
«Già dal mese di marzo – dice Capalbo – mi sono rivolto attraverso richieste scritte e comunicazioni verbali, alla presidenza della Regione Calabria, al presidente del Consiglio Conte, ai Ministri della Sanità, delle Finanze e degli Interni, ed a commissari e sub commissari. Ho coinvolto inoltre, l’ALI, deputati, senatori e l’intero Consiglio del Comune di Acri nonché i colleghi sindaci dei territori confinanti col nostro».
L’ospedale di Acri ha un piano praticamente vuoto e le richieste del primo cittadino sono ben precise: «Realizzare 30 posti di terapia intensiva con la diagnostica che abbiamo qui ad Acri, comporterebbe una minima spesa. Nella nostra struttura è presente un piano al momento totalmente vuoto, dove era previsto il reparto per la lungo degenza, ancora non realizzata e che potrebbe essere utilizzato per allocare i pazienti eventualmente positivi al coronavirus o come già detto decongestionare gli altri presidi ospedalieri.
Abbiamo per ogni posto letto gli impianti di gas medicali, quindi l’ossigeno. In più il reparto di chirurgia che oggi viene utilizzato per interventi programmati, potrebbe essere utile per i ricoveri ordinari, in modo tale da evitare la promiscuità. Addirittura si potrebbe anche scegliere di potenziare il laboratorio analisi, presente e funzionante che al momento ha la possibilità di eseguire già i test molecolari e dotandolo di uno specifico macchinario potrebbe processare i tamponi, considerando il fatto che i laboratori Asp in questo momento sono praticamente saturi ed in tilt».
«Onestamente - aggiunge il primo cittadino - alcune scelte fatte in queste settimane non hanno nessuna logica a partire dal preferire la costruzione di ospedali da campo invece che potenziare l’esistente che potrebbe tornare utile anche ad emergenza finita. Ben vengano i contributi di tutti perché la santità non ha colore politico».
Nel presidio ospedaliero di Acri è presente anche la risonanza magnetica, un macchinario di ultima generazione, inaugurato nel 2018 (dopo sette anni di attesa) ed al momento inutilizzato da qualche mese: «Abbiamo prodotto nel periodo di attività circa 800 esami, con un risparmio per l’Asp di quasi 800mila euro – afferma il direttore sanitario f.f. Giacomo Cozzolino – adesso da qualche mese è tutto sospeso ma il macchinario necessita comunque di manutenzione e deve rimanere acceso h24, con un costo fisso annuo che si aggira attorno ai 50mila euro. E mentre, ad esempio, i colleghi di Cosenza devono quotidianamente affrontare difficoltà a causa dell’emergenza e dell’affollamento di pazienti , non potendo dare neppure risposte celeri a chi si rivolge loro per svolgere determinati esami, qui ad Acri abbiamo un macchinario che potrebbe dare le giuste risposte ».
Il dottor Cozzolino è critico sulle scelte fatte in questi ultimi giorni: «Alla luce di quello che si prospetta con gli ospedali da campo, non riesco ad immaginare come faranno i pazienti che necessiteranno di una risonanza magnetica. Impianteranno una risonanza anche all’interno degli ospedali da campo? Non penso sia possibile e dunque si dovrà ricorrere a spostamenti e precarietà il tutto a discapito dei colleghi medici ed infermieri e soprattutto dei pazienti stessi. Purtroppo si resta sbalorditi per queste scelte che secondo me sono sciagurate».