Mario Mancuso in primo grado era stato condannato. Oggi la Corte d’Appello di Catanzaro ha ribaltato la sentenza
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La seconda Sezione della Corte di Appello di Catanzaro, presidente De Franco, a latere Maiore e Scuteri, ha ribaltato la sentenza di condanna pronunciata in primo grado nei confronti del responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Panettieri Mario Mancuso, difeso dagli avvocati Aldo Ferraro e Antonella Pagliuso, assolvendolo perché il fatto non sussiste. I fatti risalgono al dicembre del 2013 quando in occasione del tradizionale presepe vivente divampò accidentalmente un incendio che danneggiò alcuni immobili.
L’amministrazione comunale guidata dal sindaco Salvatore Perrotta, ricordano i legali del geometra, si impegnò a risarcire i proprietari degli immobili danneggiati avviando una procedura di selezione della ditta cui affidare tali lavori nella massima trasparenza ed economicità. «Sta di fatto – si legge in una nota - che la ristrutturazione dell’immobile di un privato è valsa al dirigente dell’ufficio tecnico una denuncia per falso ideologico in atto pubblico e abuso d’ufficio da parte del proprietario di quell’immobile che si riteneva essere stato danneggiato». Sulla base di ciò, la Procura della Repubblica di Cosenza ha tratto a giudizio Mancuso accusandolo di avere dichiarato falsamente che i lavori erano stati eseguiti integralmente ed a regola d’arte, mentre invece alcune lavorazioni non erano state eseguite, e di avere violato la legge per consentire all’impresa esecutrice dei lavori , peraltro non imputata in questo processo, di percepire ingiustamente altrettante somme di denaro.
Tale impostazione accusatoria fu recepita dal Tribunale collegiale di Cosenza, che nel dicembre del 2016 condannò Mario Mancuso ad un anno di reclusione, oltre al risarcimento dei danni a favore della costituita parte civile e al pagamento delle spese legali. Con la sentenza di oggi la Corte di Appello ha ribaltato quel pronunciamento di primo grado, accogliendo integralmente le ragioni degli avvocati Ferraro e Pagliuso, assolvendo l’imputato con la più ampia formula terminativa e revocando espressamente le statuizioni civili che erano state disposte a favore della costituita parte civile.