Parole piene di rabbia e di dolore quelle che Katia Villirillo, la madre di Giuseppe Parretta, il giovane ucciso a Crotone lo scorso gennaio, affida ad una lettera: «Voglio urlare al mondo quanto questa società sia ipocrita»
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Il 13 gennaio l'efferato omicidio. Cinque colpi d'arma da fuoco esplosi contro Giuseppe Parretta, il 19enne di Crotone brutalmente freddato davanti la sua casa nel centro storico della città pitagorica. A premere il grilletto il vicino di casa Salvatore Gerace, 57 anni che si sarebbe "sentito spiato" da quel ragazzo appena maggiorenne. Lo stesso che quel maledetto pomeriggio di sabato avrebbe ache cercato di fronteggiarlo facendo da scudo ai presenti, alla fidanzata, alla madre. Quella madre che da anni combatte con la sua associaziome "Libere donne" contro la violenza sulle donne, che ora combatte per chiedere giustizia per il figlio e in una lettera urla il suo dolore denunciando di essere stata abbandonata dallo Stato.
«Sono una donna uccisa in una sera d’inverno dai colpi di pistola che hanno tolto la vita a mio figlio sotto i miei occhi, una donna che per anni ha tolto dalle mani dei carnefici altre donne e che ha dedicato la sua vita a combattere ogni forma di violenza, a confortare le vittime di violenza ed a cercare di ridargli dignità e sicurezza.
Quando non sei tu la vittima trovi la forza per contagiare gli altri della tua stessa forza ma quando ti rubano la vita quella forza non fa più parte di te e non esiste luogo o fonte alla quale attingere per ritrovarla ma mio figlio è stato ucciso più volte e la mano che ha armato quella dell’assassino ha un nome preciso: lo Stato» - si legge nella lettera scritta dalla madre di Giuseppe Parretta, Katia Villirillo.
«Stato patrigno e cattivo»
«Uno Stato che concede libertà vigilata senza vigilanza ad un recidivo del crimine e gli permette di possedere armi è uno Stato patrigno, cattivo, superficiale ed attento solo a non offendere i poteri occulti che lo manovrano come un burattino e che hanno imposto, col nome di “democrazia”, la tutela del carnefice.
Sto chiedendo giustizia per mio figlio e la sto chiedendo anche e soprattutto a questo Stato che non prevede leggi che tutelino le vittime, si perché una madre o un padre o dei fratelli sopravvissuti ad una simile tragedia sono vittime tanto quanto chi è rimasto ucciso, e non voglio che i miei figli vivano ciò che altri hanno vissuto, cioè il ritrovarsi di fronte l’assassino perché non esistono pene commisurate agli efferati delitti che bestie come l’assassino di mio figlio commettono.
«False promesse»
Dal giorno dei funerali di mio figlio io sono rimasta abbandonata al mio destino senza né un supporto psicologico né materiale, nonostante le ripetute promesse fatte dalle istituzioni crotonesi, tutte false, tutte espresse al solo scopo di pubblicizzare meschinamente la loro “bontà” di fronte all’Italia intera. Quali efferati crimini aveva commesso il mio Giuseppe per essere trucidato da tutti?
Non posso restare zitta perché l’amarezza e la delusione si sono aggiunte al mio dolore di mamma e vogliono urlare al mondo quanto questa società sia ipocrita».