«Malgrado Reggio Calabria sia la capitale storica ed attuale della ‘ndrangheta, che per la sua multiforme attività illecita intasa la giurisdizione, condizionando inevitabilmente la stessa destinazione delle risorse disponibili, gli organici dei magistrati continuano a rimanere desolatamente scoperti, risultando vano anche il fattivo impegno dello stesso Csm.  Deserti vanno infatti i bandi ordinari per la grande maggioranza dei posti, e persino i bandi per applicazioni extradistrettuali, che pure garantiscono una durata limitata oltre a benefici economici e di carriera».

Usa termini perentori il presidente della Corte d’Appello, Luciano Gerardis, nel tracciare il quadro del distretto giudiziario di Reggio Calabria, nel giorno in cui si festeggia l’inaugurazione dell’anno, prima volta in assoluto in riva allo Stretto per un ministro della Giustizia. Questa mattina, la presenza di Marta Cartabia, Guardasigilli, che ha scelto proprio Reggio per dare ancora maggiore significato ad una giornata vissuta all’interno della scuola allievi carabinieri di Reggio Calabria. Una presenza che il presidente Gerardis ha voluto rimarcare con i suoi ringraziamenti ad inizio del discorso.

Organici ridotti all’osso

La preoccupazione primaria del presidente Gerardis è rivolta per la maggior parte agli organici: «Quasi la metà dei posti di consigliere (15 su 32) è scoperta, ed a ciò – afferma Gerardis – va aggiunta l’ulteriore vacanza del posto di magistrato distrettuale.  Anche i tribunali del distretto soffrono di alcune scoperture sia pure non nei termini estremi della Corte, e contemporaneamente risentono dell’assenza di magistrate in gravidanza o in maternità. Cosicché diventa assai difficile persino il ricorso alla mobilità endodistrettuale, poiché le applicazioni in Corte d’Appello sono ostacolate dalla contemporanea emergenza degli uffici di primo grado».

Pendenze di procedimenti

Secondo i dati raccolti dal presidente della Corte d’Appello, «in questo momento pendono presso le sole sezioni penali dibattimentali (prima e seconda) della Corte di Appello ben 167 procedimenti di competenza della Dda, con 924 imputati di cui 368 detenuti; che il tribunale di Reggio Calabria ha in corso di trattazione 83 analoghi procedimenti con 752 indagati e 33 detenuti; che il tribunale di Palmi sta trattando 40 processi Dda ed il tribunale di Locri 16. Insomma, complessivamente i procedimenti di competenza della Dda pendenti presso gli uffici giudicanti del distretto sono ben 306. E ciò finisce, nell’inadeguatezza delle risorse, per condizionare fortemente la giurisdizione». 

Edilizia giudiziaria in stato comatoso: il palazzo di Giustizia

Anche sul fronte dell’edilizia giudiziaria, le cose non vanno molto meglio: «Tutti i tribunali del distretto, sia gli ordinari che quelli per i minorenni e di sorveglianza, lamentano già gravissime difficoltà per i luoghi in cui si esercita la giurisdizione», spiega il presidente della Corte.

«Il tribunale di Reggio Calabria, allocato da circa un ventennio in un complesso comunale certamente inadeguato alle varie esigenze, per gravi problemi di climatizzazione e riscaldamento, per aule insufficienti e per ricorrenti infiltrazioni – prosegue – attende l’ultimazione del nuovo palazzo di giustizia, i cui lavori, iniziati nel 2005, dopo un alacre avvio che aveva portato alla realizzazione di circa l’80% delle opere, sono ormai sospesi da diversi anni.

Anche a Locri sono in corso da tempo i lavori di realizzazione del nuovo palazzo di giustizia che hanno subito varie interruzioni, mentre intanto sono destinati ad uffici giudiziari due edifici diversi e distanti tra loro, oltre che molto risalenti nel tempo, mentre ancora altri immobili ospitano gli archivi ed i corpi di reato. Non sta meglio il tribunale di Palmi, anch’esso ubicato in due edifici diversi, con problemi gravissimi di riscaldamento e climatizzazione.

Il tribunale per i minorenni e quello di sorveglianza, infine, scontano problemi connessi alla vetustà degli edifici, che comporta frequenti fenomeni di infiltrazione di acqua fino all’inagibilità di alcuni locali o l’esistenza di barriere architettoniche insuperabili.

Tutti gli uffici, compresa la Corte di Appello, pur rinnovata nelle sue facciate prima fatiscenti ed in molti suoi locali, hanno serissime difficoltà ad ospitare i nuovi cospicui arrivi, per l’insufficienza attuale degli spazi.

Mi piace tuttavia dare atto anche per questo versante del rimarchevole impegno del Ministero della Giustizia per sopperire alle inadeguatezze logistiche, e per dare impulso al completamento dei nuovi palazzi di Reggio e Locri».

I nuovi arrivi con l’Ufficio del processo

Ma a fronte di una situazione davvero complessa, il presidente della Corte ha anche dei buoni motivi per poter sorridere. «I risultati confermano sia un incremento di produttività, segnatamente in ambito civile, per le sinergie e per l’ampio utilizzo dell’informatica, sia il sorgere di una nuova mentalità nelle modalità di esercizio dell’attività giudiziaria, che sarà ulteriormente sollecitata dalle risorse messe in campo dal nostro Ministero.

Gli obiettivi postici a livello europeo, più dettagliatamente “tradotti” dalla normativa secondaria, e strumenti operativi quali l’ufficio per il processo come in ultimo ridisegnato comporteranno inevitabilmente un cambio di passo nel modo di lavorare, che sarà tanto più evidente quanto prima e meglio avremo tutti metabolizzato la nuova filosofia del quotidiano operare.

Essa ovviamente non può consistere nel sacrificio della qualità dei provvedimenti a vantaggio di una efficienza misurata soltanto su dati quantitativi. La decisione sarà sempre frutto di scienza e coscienza del magistrato, del suo intuito, della sua sensibilità, della sua cultura, del suo modo di interpretare le norme anche nella ponderazione dei valori in campo».

L’intelligenza artificiale

Ma non ci sono solo risorse umane a fare man forte alla giustizia. A Reggio Calabria si è avviato un interessante progetto sull’intelligenza artificiale applicata al sistema giuridico. «Anche qui nessuna incertezza: non si tratta di recepire passivamente moduli precostituiti finalizzati allo smaltimento quantitativo delle pratiche», sottolinea Gerardis. «Il previsto studio da parte di una commissione mista di docenti e magistrati servirà ad individuare gli ambiti e le modalità di intervento più adatti a rendere maggiormente efficiente la macchina giudiziaria. Ma anche con l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale sarà sempre salvaguardata la libertà di giudizio del magistrato che rimarrà comunque il dominus di ogni procedimento, facultato ad avvalersi di mezzi che in ogni caso spetterà solo a lui utilizzare nel modo più opportuno.  La giustizia è un fatto umano, resa per uomini da altri uomini. Pretende la valutazione di sentimenti, istinti, situazioni, che vanno interpretati nella loro intima essenza. Non sarà mai il campo in cui la macchina potrà interamente sostituirsi alla persona umana».

Il cambio di percezione della società

La conclusione del discorso di Gerardis è affidata a quel rapporto con la società civile che, da sempre, è stato vero pallino del presidente della Corte d’Appello. Da quando si è insediato, infatti, Gerardis ha voluto aprire la Corte alla cittadinanza, creando sempre nuove occasioni di incontro e confronto. Soprattutto in occasione dell’anno giudiziario, ma in generale nell’approccio alla Giustizia. «La crescente credibilità delle risposte giudiziarie e il dialogo intrapreso tra magistrati ed avanguardie culturali dedite al volontariato sociale, sperimentato sul campo in varie occasioni, hanno trasformato l’iniziale diffidenza della gente in attenzione ed ascolto.

Sono stati abbattuti muri d’incomunicabilità e di separatezza e finalmente tanti cittadini hanno potuto sperimentare la fecondità di incontri che hanno fatto crescere il senso di legalità.

Intendiamoci. Siamo tutti consapevoli che permangono larghe sacche di omertà, perché la mentalità ’ndranghetista ha potuto per lunghi decenni permeare la coscienza comune. Ancora molti cittadini non sono disponibili a scendere in campo con la maglietta dello Stato.

Ma per quanto è dato percepire, fermo è il convincimento che il brodo di coltura della criminalità organizzata si stia riducendo, e che stia invece crescendo nei confronti di essa l’insofferenza e più in generale una voglia di riscatto.

È innegabile comunque che ormai si sia consolidato uno stretto raccordo tra magistrati e positive espressioni della società civile, nella consapevolezza dei primi di dover rendere conto a tutti dell’operato di giustizia e contemporaneamente di dover far leva sulla crescita di una diffusa coscienza di legalità per superare atavici ritardi.

Non solo. Proprio in questo territorio si sono raggiunti risultati importanti in termini di ausilio all’esercizio dei diritti grazie alla fattiva e costante opera di tante anonime persone che hanno dedicato il loro tempo libero all’aiuto dei più deboli.

La preinaugurazione di ieri ha dimostrato ancora una volta l’importanza dell’ascolto delle problematiche del territorio e la continuità di una forte interlocuzione tra magistratura e società.

Insomma, permangono i problemi, ma non si è all’anno zero. La strada è ormai tracciata e su di essa occorrerà andare avanti, confortati dal convincimento che gli esempi e le idee positive alla lunga finiscono sempre per prevalere».