Quattro progetti tutti “dal contenuto fumoso, privi di concretezza e di riferimenti alle modalità di attuazione, nonché carenti di accordi con le autorità collegate cui i lavoratori erano destinati". Sono queste alcune delle motivazioni che hanno portato la Procura della Repubblica di Catanzaro a chiedere il rinvio a giudizio e, quindi, il processo per dodici persone coinvolte nell’inchiesta sui presunti illeciti nella gestione della Fondazione Calabria Etica. L’ente in house della Regione Calabria, ormai in liquidazione, all’epoca dei fatti era guidata da Pasqualino Ruberto.

 

L’assioma è che le attività della fondazione siano state utilizzate per procacciare voti in occasione delle elezioni regionali del 2014 e quelle comunali del 2015 in cui Ruberto era candidato alla fascia tricolore. Insieme a lui sono indagati l'ex direttore generale del dipartimento Lavoro della Regione, Vincenzo Caserta, i componenti delle commissioni esaminatrici dei progetti, Tadiana Gabriele, Sonia Libico, Ulisse Mancari, Michele Parise, Patrizia Nicolazzo e Maria Francesca Cosco. A processo andranno anche i membri del collegio dei Revisori dei conti, Antonello Catanese, Domenico Pisano e Maurizio Scerra, e Caterina Ferrante, consulente dell'ente e socia di Ruberto in un'azienda privata.

 

Tutti gli indagati sono accusati di abuso d'ufficio in concorso. Avrebbero approfittato del loro ruolo per procedere all’assunzione di 251 collaboratori per fini definiti dalla procura come “clientelari”.

 

Per Pasqualino Ruberto la posizione è aggravata anche dall’accusa di peculato, avendo pagato alcuni stipendi dei collaboratori con i fondi del credito sociale. Collaboratori che secondo la Procura erano assunti “illecitamente” e “funzionali esclusivamente ai propri interessi di natura clientelare” procurando anche un danno economico importante anche alla Regione. Danno stimato in 2 milioni e 219 mila euro.

 

Tiziana Bagnato