Questa volta a naufragare è stato il Decreto Cutro, smontato in occasione della prima prova giurisprudenziale. È stato il giudice del Tribunale di Catania, Iolanda Apostolico, a picconare alle fondamenta la ricetta del Governo per frenare l’ondata migratoria sull’Italia e in particolare il pezzo di normativa che prova a rendere più veloci i rimpatri nei paesi d'origine dei migranti.

Il decreto, infatti, prevede la possibilità di trattenere per un massimo di trenta giorni i migranti sbarcati da Paesi considerati sicuri come Tunisia ed Egitto. Si tratta di una interpretazione molto estensiva di una procedura europea che esiste già da tempo, la cosiddetta procedura accelerata di frontiera che consiste nella rapida valutazione della richiesta di asilo presentata da chi ha appena varcato una frontiera in modo illegale. Con il decreto Cutro il governo ha deciso di non lasciare liberi questi richiedenti asilo ma di portarli direttamente dall’hotspot in uno speciale centro e trattenerli lì per un massimo di 30 giorni in attesa dell’esito della loro richiesta di asilo. Chi se la vedrà accolta verrà liberato e inserito nel circuito dell’accoglienza, chi invece otterrà il diniego dovrà essere subito rimpatriato. 

Leggi anche

Approvato a marzo, questa parte del decreto Cutro è di fatto entrata in vigore solo questa settimana. E questo perché fino ad ora non c’era nessun centro dove trattenere i richiedenti asilo. La prima struttura dedicata è stata aperta lunedì scorso a Modica-Pozzallo, un padiglione da 84 posti sorvegliato dalla polizia

Possono evitare la permanenza quei profughi che sottoscrivano una fidejussione assicurativa o bancaria di 5000 euro (4983 per l’esattezza). Il problema è che il decreto prevede che siano gli stessi interessati a dover sottoscrivere la fidejussione e non terzi. Il che rende abbastanza complicata questa ipotesi per chi sbarca con in mano solo una valigia di speranze. Così si potrebbe parafrase l’ironico commento di Matteo Salvini sulla sentenza del giudice di Catania. Il Capitano sui social ha scritto «Sbarcato da 10 giorni, e ricorso subito accolto dal Tribunale. Ma aveva l’avvocato sul barcone? Riforma della giustizia, presto e bene». Se i migranti non hanno di certo avvocati sul barcone, difficilmente possono avere un conto corrente ad attenderli in Italia.

Tornando alla sentenza, i tre punti principali riguardano: fideiussione; provvedimento di trattenimento; procedure accelerate in frontiera. Per tutti e tre stabilisce che la normativa interna è in contrasto con quella europea e dunque non può trovare applicazione. 

Per quanto riguarda la fidejussione abbiamo già segnalato la difficoltà di un migrante di sbarcare e avere già un conto corrente. Inoltre, la fidejussione andrebbe valutata individualmente; il governo ha invece fissato la cifra universale di 5000 euro.

Leggi anche

Altra questione è la cosiddetta “procedura accelerata in frontiera” si può svolgere, come del resto è evidente dal nome, solo in frontiera, al momento del controllo passaporti. I richiedenti asilo coinvolti nella vicenda, invece, sono sbarcati il 20 settembre scorso a Lampedusa e trasferiti il 28 nel nuovo centro di Modica. Ciò è stato possibile grazie al decreto del Viminale del 5 agosto 2019. Questo ha stabilito che le province di Ragusa e Matera vanno considerate zone di transito/frontiera. Aree dove è possibile realizzare centri di trattenimento per le relative procedure accelerate. Luoghi che secondo il governo non fanno parte del territorio nazionale. Tanto che nel dl Cutro è previsto che solo quando la domanda d’asilo ha esito positivo si ottiene «l’accesso al territorio nazionale». 

Se cade però ogni possibilità di evitare il trattenimento con modalità alternative (e si capisce meglio come e perché è stata pensata questa fidejussione), resta solo il trattenimento. Misura indubbiamente coercitiva. E ciò, come citato dalla giudice Apostolico, va contro la giurisprudenza europea, che nel 2020 ha espressamente escluso che un richiedente asilo «sia trattenuto per il solo fatto che non può sovvenire alle proprie necessità, che tale trattenimento abbia luogo senza la previa adozione di una decisione motivata, e senza che siano state esaminate la necessità e la proporzionalità di una siffatta misura». Il terzo punto è proprio il fatto che i trattenimenti devono essere motivati caso per caso, visto che stiamo parlando di privazione della libertà personale, e non in maniera automatica in base al Paese di provenienza.

Insomma la sentenza di Catania è una vera e propria bomba a mano lanciata contro le idee del centrodestra sulla gestione dei migranti. Il Governo ha annunciato che presenterà ricorso contro quella sentenza. Il rischio è che sui singoli casi dei migranti si apra un contenzioso giuridico infinito che lasci queste persone nel limbo per anni a meno che non decidano di diventare irregolari. Il che rende ancora più complicata la gestione di un fenomeno che si fa ogni giorno più complicato, a dispetto delle promesse elettorali della vigilia. Non c'è niente, infatti, di più ostinato dei numeri e i numeri dicono che dal primo gennaio al 29 settembre dello scorso anno erano arrivati in Italia 71.325 migranti; quest’anno, nello stesso periodo, sono 133.171.

Ma la vicenda rischia anche di incrinare il rapporto fra il Governo e la giustizia. Diversi membri del centrodestra hanno già parlato di sentenze politiche, ma ieri il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, a margine del convegno dell’associazione svoltosi a Palermo, ha detto: «Noi non partecipiamo all’indirizzo politico e governativo. È fisiologico che ci possano essere provvedimenti dei giudici che vanno contro alcuni progetti e programmi del governo. E questo non deve essere vissuto come un’interferenza, perché questa è la democrazia».
È la democrazia bellezza, e il Governo non può farci proprio nulla.