Lungo documento firmato da 51 dipendenti: «Misure restrittive pienamente rispettate. Il 29 febbraio l’ultima messa, poi neanche il parroco ha potuto mettere piede nella struttura»
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Sono frastornati. E preoccupati. Non solo per il contagio da Covid-19, molti di loro sono risultati positivi al coronavirus, ma per l’eco mediatica assunta dal caso e per quelle distorsioni del racconto, non sempre aderente alla verità.
Documento condiviso
Il personale di Villa Torano prende posizione. In un documento, condiviso e sottoscritto da 51 dipendenti, vengono ripercorse le settimane precedenti la scoperta del focolaio sviluppatosi all’interno della struttura ed arrivato a bussare alle porte delle loro case, inconsapevolmente veicolato dagli operatori stessi.
Precauzioni già a febbraio
«Sin dai primi casi conclamati di Covid-19 nella regione Lombardia, nel mese di febbraio, la nostra azienda ha adottato un piano di sicurezza, limitando l’accesso ad un familiare per volta, con l’obbligo di disinfettare le mani utilizzando un apposito gel posto ai varchi di entrata».
L’ultima Messa
«Il 29 febbraio, era un sabato pomeriggio – scrivono i dipendenti - il parroco di Sartano è stato autorizzato ad entrare per celebrare la Santa Messa. È stata l’ultima volta. Nel frattempo siamo stati dotati di mascherine del tipo FFP2».
Il blocco dei visitatori
«Dal 9 marzo, data del primo DPCM – si legge ancora nel documento – abbiamo definitivamente bloccato l'ingresso a visitatori e familiari, per salvaguardare la salute dei pazienti e dei dipendenti. Chiunque avesse avuto la necessità di consegnare farmaci o indumenti puliti ad un familiare ricoverato, avrebbe dovuto aspettare nello spazio adiacente la reception e consegnare il materiale ad un infermiere o ad un oss».
Aggrediti verbalmente
«Non è stato semplice far rispettare queste direttive: spesso – affermano - siamo stati aggrediti verbalmente da persone che insistevano per entrare, anche con epiteti non ripetibili. La struttura si è dotata di un tablet per consentire agli ospiti di comunicare con l'esterno».
Massima prudenza
«Anche noi dipendenti abbiamo modificato le nostre abitudini quotidiane, per evitare di rimanere contagiati. Ci accusano di crimini che non abbiamo commesso. Come si può pensare che avremmo messo a rischio la nostra vita e quella dei pazienti, quella delle nostre famiglie. Come si può pensare lontanamente che sapessimo della presenza a Villa Torano del coronavirus».
Killer silenzioso
«Un virus silente, subdolo e asintomatico per tutti noi – scrivono ancora nel documento - Noi cerchiamo solidarietà, aiuto, sostegno in un momento difficile, non solo per noi ma per il mondo intero. Non ci aspettiamo giudizi o maldicenze, ci aspettiamo incoraggiamento, sostegno morale, sia per superare indenni la quarantena sia per ritornare presto a lavorare, sia per continuare a svolgere serenamente la nostra missione».
Sorretti dall'azienda
«Il tutto - concludono - affiancati e sorretti sempre dalla nostra azienda, che non ha mai smesso di avere fiducia in tutti noi, e che ci sostiene, quotidianamente, in tutti i modi. Questa è la nostra verità di persone umili, ma affezionate ed alimentate dall'amore verso i pazienti».