Il processo si svolse a partire dal 1994, trent'anni fa, dinnanzi alla Corte di Assise di Reggio Calabria. Totò Riina e gli altri capi di Cosa Nostra furono condannati in primo grado all'ergastolo come mandanti. Tutto fu ribaltato in appello. Tutti assolti e le sentenze di condanna annullate. E non furono le uniche
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Tre erano i processi in svolgimento a Reggio Calabria nel 1995: processo Olimpia, sulla seconda guerra di mafia reggina, il processo per la morte di Lodovico Ligato, il processo per l’assassinio del giudice Antonino Scopelliti, ucciso in un agguato tre anni prima a Piale. Nell’ambito di quest'ultimo era stato accertato l’asse ndrangheta - cosa nostra. Un clima incandescente al punto che nell'aprile del 1995, appunto, era stato necessario l'intervento a Reggio del capo della procura Antimafia Bruno Siclari per via di un sovraccarico di lavoro a fronte di risorse umane scarse.
Il processo per il delitto Scopelliti si svolse, infatti, presso la corte di assise di Reggio Calabria, nel palazzo dello storico tribunale di Reggio Calabria, in piazza Castello, oggi sede della corte di appello. La pubblica accusa era rappresentata dal pm reggino Salvatore Boemi. Nel processo era imputato anche Totò Riina come mandante unitamente agli altri capi mandamento e componenti della "commissione" di Cosa Nostra.
Trent'anni fa il processo a Reggio con Totò Riina
Era il maggio 1994 e a Reggio Calabria si stava svolgendo il processo contro la "cupola" di Cosa Nostra per l'omicidio del giudice Antonino Scopelliti. Nel processo era imputato anche Totò Riina, come mandante, unitamente agli altri capi mandamento e componenti della "commissione" di Cosa Nostra. Era presente e invocava l'abolizione della legge sui pentiti e sugli sconti di pena, accusando gli stessi collaboratori di giustizia di essere bugiardi. Così aveva fatto anche quando in aula era tornato, il 26 aprile dell'anno successivo, del 1995, sempre a Reggio Calabria. Infami e menzogneri dunque coloro che svelavano l'organizzazione di Cosa Nostra, causando l'inizio della fine.
Riina era stato arrestato poco più di anno prima, il 15 gennaio 1993, dal Crimor (Criminalità Organizzata), squadra speciale del Ros, guidata dal capitano Ultimo Sergio De Caprio, dopo ventitrè anni di latitanza; si trovava a Palermo nella villa dove da un pò di tempo viveva con la moglie Antonietta Bagarella e i quattro figli, nati tutti durante la latitanza.
La girandola delle condanne e delle assoluzioni
Per l’omicidio del magistrato la corte di assise di Reggio Calabria, arrivò l’11 maggio 1996 la sentenza di condanna all'ergastolo dei vertici di cosa nostra, Salvatore Riina, Pippo Calò, Francesco Madonia, Giacomo Gambino, Giuseppe Lucchese, Bernardo Brusca, Salvatore Montalto, Salvatore Buscemi, Antonino Geraci. Loro avevano, secondo i giudici di primo grado, ordinato la morte di Scopelliti. Il quadro venne stravolto dalla sentenza di assoluzione emessa dalla corte d’assise di appello di Reggio Calabria nell'aprile del 1998. Continua a leggere su IlReggino.it.