L’ultima sortita di Mario Oliverio sul commissariamento della sanità calabrese fa sorgere spontanea una domanda: Oliverio e Scura hanno litigato oppure è stato tutto un gioco delle parti? Il sospetto ci è sorto dopo che il Presidente della Giunta regionale ha reso noto di aver «deliberato di sollevare conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte Costituzionale nei confronti della deliberazione del Consiglio dei Ministri del 7 dicembre scorso con la quale è stata disposta l'ulteriore prosecuzione dell'istituto del commissariamento statale per i disavanzi del sistema sanitario, in coerenza con quanto rappresentato dal Presidente della Regione ai governi nazionali negli ultimi anni».


Allora viene da chiedersi: se in questi anni, almeno secondo quanto sostiene il governatore della Regione, il governo nazionale ha operato in violazione della costituzione, per quale motivo il Presidente Oliverio ha aspettato fino ad oggi per sollevare quello che egli ritiene un conflitto di attribuzione? C’era bisogno di sottoporre la Calabria al penoso teatrino con l’ing. Massimo Scura e i relativi strali in ogni occasione, compresa la minaccia mai concretizzata di incatenarsi di fronte a palazzo Chigi quando il Premier era Paolo Gentiloni, se la Giunta riteneva che il commissariamento ledesse i principi costituzionali? Se avesse sollevato la questione già un paio d’anni fa, a quest’ora il problema sarebbe bello e risolto.

Diciamoci la verità fino in fondo e senza ipocrisie. I dati del piano di rientro sanitario sono stati uno sfacelo anche nell’epoca e per responsabilità di Mario Oliverio e per tutto il periodo di governo targato Pd da Roma fino a Reggio Calabria. Massimo Scura è stato un facile alibi per celare il fallimento di un governo e di una classe dirigente. Finiamola con la barzelletta di essere tutti Pd quando bisogna collocare qualche parlamentare  a Roma alle elezioni, e poi si diventa qualcos’altro, quando si parla di Sanità in Calabria. L’onestà intellettuale imporrebbe alla classe dirigente al Governo della Regione di riconoscere le proprie responsabilità politiche nei disastri di questo settore. Come, interpretare altrimenti, l’affermazione di Sebi Romeo, capogruppo del Pd, secondo il quale, «Come Renzi e Gentiloni, anche Conte, Salvini e Di Maio prolungano l’agonia di uno dei principali diritti costituzionali», accomunando candidamente gli obiettivi dei propri rappresentanti nazionali di partito con quelli dei leader del governo Giallo-Verde.


Di fronte ad una tale affermazione viene da chiedersi: siamo su Scherzi a parte, oppure, ci troviamo di fronte ad una spregiudicata manipolazione dei fatti? Il che, tradotto, significa: prendere per i fondelli i calabresi. Mettiamola così: negli ultimi 20 anni (1999/2019) il centrosinistra ha governato 11 anni, i restanti 9, invece, ha governato il centrodestra. Qualche mese fa, il Sole 24 ore, in un pezzo di Donata Marrazzo, commentando i dati della sanità del 2016, metteva in evidenza una sanità allo stremo e, tranne alcune eccezioni, come l’azienda Ospedaliera di Reggio e di Cosenza, elencava i numeri da baratro. «Quella che ha fatto peggio è la Asp di Cosenza: ha perso 40,2 milioni di euro, Crotone più di 27, Catanzaro oltre 26 milioni. Disavanzo di 2,5 milioni per l’azienda sanitaria di Vibo Valentia, di oltre 23 milioni per quella di Reggio Calabria, di 17,4 per l’azienda ospedaliera di Catanzaro, di 20,3 milioni per l’azienda universitaria Mater Domini di Catanzaro, di meno di 1 milione per l’istituto Inrca di Cosenza».

Or dunque, i manager di queste aziende e, sottolineo, i manager, sono nominati dal Presidente della Regione Calabria. Se tali Asp sono quasi in bancarotta, significa che le capacità dell’attuale Presidente della Regione Calabria nel migliorare questi numeri, attraverso l’individuazione di eccellenti manager, sono prossime allo zero. Con questi risultati, dunque, la “lite” Oliverio/Scura, ci appare sempre più una pantomima ad uso e consumo di crescenti e costanti teatrini elettorali, ai quali, ora si aggiungerà la decisione del conflitto di attribuzione di fronte alla Corte Costituzionale sollevato dalla Giunta regionale, e che, ben che vada, sarà discusso quando di Mario Oliverio, politicamente, non si parlerà più, ovvero, dopo le elezioni regionali. E, comunque, difficilmente quanto sostenuto dalla Giunta Regionale, troverà ragione nella stessa Corte Costituzionale (a meno che, Oliverio, non decida di incatenarsi di fronte alla sede della Corte).


Un paio d’anni fa, infatti, Luca Antonini (ordinario di Diritto costituzionale Università di Padova), criticando la norma del governo Gentiloni che riproponeva la possibilità di nominare anche i Presidenti della regione commissari per il rientro del debito, affermava che, «la prassi dei Governatori Commissari è stata quella che ha devastato la sanità del Sud: dare poteri di Commissario a chi è stato l’autore dello sfascio dei conti pubblici e della qualità del sistema sanitario regionale ha provocato danni enormi.» E ancora proseguiva il prof. Antonini, «rendere commissario l’autore del dissesto vuol dire assurdamente esentarlo dal controllo del Consiglio regionale, a danno dei conti pubblici e a danno della salute dei cittadini. Con molta fatica, anche per le continue denunce del sottoscritto in tutte le sedi, si era riusciti a fare superare la prassi dei Governatori commissari, che con il Titolo V e con il federalismo, in realtà non c’entrava nulla e anzi li contraddiceva pienamente». Oliverio, ora  si posiziona su di un altro fronte di battaglia, e cioè, il superamento dell’istituto del commissariamento. Una opzione che, se sciaguratamente dovesse prevalere, viste la performance del Governatore sulle Asp, potrebbe essere il passo definitivo dalla bancarotta ordinaria della sanità calabrese a quella fraudolenta.

 

Pasquale Motta