Giacché alla Madonna e a Giuseppe fu negata ospitalità durante il cammino che intrapresero per andare a registrarsi, secondo il censimento indetto da Cesare, San Giuseppe, oltre ad essere il patrono dei falegnami e degli artigiani, è anche il protettore dei poveri. È da questa idea che nasce nei tempi antichi l’usanza, in occasione della festività del padre putativo di Gesù, di offrire ai poveri un pasto caldo e, in questa ricorrenza, i poveri che bussavano alla porta di ogni casa erano ospiti graditi, come se accogliessero Giuseppe e Maria con il Bambinello.


In molti centri della Calabria, in occasione di tale festività ancora oggi viene portata avanti la tradizione di cucinare pasta con i ceci ed offrirla alla comunità, in ricordo di quando lo si faceva per i poveri, donando loro un pasto caldo e nutriente. In alcuni paesi ancora oggi vengono invitati tre poveri - in mancanza anche tre amici che volentieri si offrono - in memoria, appunto, della famiglia di Betlemme.

 

La tradizione a Pizzo

Così, anche quest’anno a Pizzo, grazie all’impegno dei confratelli dell’Arciconfraternita del Santissimo nome di Maria, meglio conosciuta come chiesa di San Sebastiano, 18 marzo, vigilia di san Giuseppe la tradizione della pasta con i ceci offerta ai fedeli è stata rispettata. L’avvenimento si è ripetuto, come ogni anno oramai da diversi secoli, coinvolgendo una nutrita e vociante folla di credenti già in fila da qualche ora, ognuno con un tegame in mano per portare a casa la saporita pietanza o per consumarla sul posto ancora fumante. Allo scoccare della mezza, dopo che il parroco, don Salvatore Santaguida, ha benedetto il preparato, è iniziata la distribuzione.

 

Quello che anticamente voleva essere semplicemente un pasto caldo che in questa occasione la carità cristiana offriva ai più bisognosi, anno dopo anno e secolo dopo secolo, per l’intera comunità pizzitana è divenuto un appuntamento fisso, simbolo di devozione a san Giuseppe, il santo patrono dei lavoratori e custode della famiglia, da sempre oggetto di viva e sincera venerazione e simbolo di una profonda e sentita tradizione identitaria di un’intera comunità.
Da qualche anno, grazie alla devozione della maestra Vanna Bonaccurso e di altre colleghe che l’affiancano, la pietanza viene somministrata agli alunni della vicina scuola elementare, appositamente fatti uscire prima per l’occasione. Una lunga tavolata viene allestista sulla strada che conduce alla chiesa e qui i giovani commensali prendono posto e consumano nei piatti la pasta con i prelibati legumi, profumata dal finocchietto selvatico. Un impegno questo delle maestre che ambisce a tramandare la tradizione, giunta dal lontano passato, proiettandola nel futuro di queste giovani generazioni.


Il senso della manifestazione l’ho racchiuso in alcuni versi, proprio nell’idioma pizzitano:

“Pe’ tradizioni, chi veni di lundanu
vigilia ‘i San Giuseppi ndi mangiamu
pasta cu i ciciari chi faci Sambestianu!

Pê pizzitani è devozioni e vandu
si va e si pijja ‘ngloria di lu Sandu!”