Come è noto, in attesa dell’insediamento del Consiglio regionale, il Presidente non è stato con le mani in mano a farsi impantanare nelle estenuanti riunioni tra Roma e la Calabria per far quadrare il cerchio delle prime nomine politiche, ma ha operato avvalendosi di uno strumento che la legge gli consente: l’istituto del decreto. Non mi soffermerò sulle questioni squisitamente politiche, ma intendo concentrare la mia riflessione solo sull’azione di governo del Presidente regionale in questi primi giorni di Governo.  A mio modestissimo avviso e, a differenza delle opinioni altalenanti dei soliti cronisti di “borsa”, penso che  Oliverio abbia cominciato a governare i processi, a prendere di petto i gravi problemi che si è trovato sul tavolo. Cosa è stato infatti, se non governare i processi, riuscire a pagare alcune mensilità dei lavoratori LSU-LPU  da mesi senza salario? Cosa è stato condividere con il governo  il primo step di stabilizzazione dei precari? Cosa sono stati i primi provvedimenti di riduzione della spesa della Regione: fitti di sedi inutili, accorpamento della spesa del consiglio e della Giunta? Cosa è stata la predisposizione dello schema del bilancio provvisorio da portare all’approvazione del primo Consiglio Regionale? E ancora, cosa è stata la proroga del Piano Casa, se non l’assunzione della responsabilità di non bloccare un settore da tempo al collasso in questa Regione? E, infine, cosa è stato il provvedimento sull’emergenza rifiuti, se non impedire che le città si riempissero di spazzatura durante le feste? Tutto questo significa una sola cosa: governare i processi, decidere! In un mio editoriale di fine anno, scusatemi l’autocitazione, avevo affermato che l’azione di governo e di riforma del nuovo assetto regionale avrebbe dovuto poggiare su due capisaldi: determinazione e conflitto. Senza la determinazione e  fermezza e, dunque, il conseguente conflitto, questa Regione non andrà da nessuna parte e sarà destinata all’oblio, “ma ’l sonno, che de’ miseri mortali È co ’l suo dolce oblio posa e quiete, Sopì co’ sensi i suoi dolori” avrebbe detto il Tasso. Per governare con fermezza e affrontare il conflitto, ci vuole coraggio, un coraggio che in questi primi passi da Presidente, Mario Oliverio  ha dimostrato di avere. Chiaramente “resistenze” e mugugni  a questo processo non hanno tardato a farsi sentire. I mugugni di “sistemi di potere” consolidati nella burocrazia, nell’economia, nel sistema sindacale e per certi aspetti, in alcuni pennivendoli di consolidata esperienza,  che, con un certo “sistema”, hanno sempre avuto solidi rapporti. Certo, a ciò si aggiunga il fatto che noi siamo un popolo di mugugnatori nati. Lo suggeriva già mezzo secolo fa Gaetano Salvemini, quando sosteneva che gli italiani hanno l’abitudine di lagnarsi sempre. […] Domandate ad un italiano (o calabrese) “come la va, e, anche se ha vinto un terno al lotto, vi dirà: “così così, non c’è male, non ci possiamo lamentare”. Magari sarà stato per questo che il leitmotiv,  al netto del toto assessori, che ci ha allietato tra una pietanza e l’altra nei cenoni di Capodanno ed Epifania, è stata la questione del rinvio del Consiglio Regionale e la proroga del Piano Casa. Intendiamoci, la vicenda dello slittamento, almeno sul piano dell’immagine forse si poteva evitare, ma sul piano della sostanza,  considerato le feste natalizie, ci siamo trovati di fronte ad uno slittamento di una settimana, mica di fronte all’apocalisse biblica. Allora di cosa stiamo parlando? Se a questo si aggiunge che, comunque, Oliverio è riuscito a sbloccare in poco più che due settimane, alcune emergenze sulle quali la precedente Giunta era arenata da mesi, ci vuole un bello sforzo e anche, consentitemi, una bella dose di faccia tosta, a creare un “caso” sullo slittamento della seduta del Consiglio o peggio,  paragonare l’azione di Oliverio, a quella del precedente esecutivo. Tutto ciò, non è bastato a qualche cronista per trasformare nel giro di poche ore le lusinghe al nuovo Presidente, in  accuse di autoritarismo. Nelle ultime ore, infatti, Oliverio è stato accusato di aver leso le prerogative del Consiglio Regionale per aver prorogato il Piano Casa.  Anche se, chi ha formulato l’accusa, ha poi  omesso di scrivere, con la solita abilità nel manipolare la notizia o la propria opinione, fate voi,  che la scelta delle proroga nelle stesse ore veniva adottata da ben 10 Regioni, tra le quali il Piemonte, le Marche, la Puglia. Certo, è indubbio che, sulla materia, la competenza sia del Consiglio Regionale, tant’è che lo stesso decreto, dovrà essere sottoposto entro 60 giorni alla ratifica del consiglio e, quindi, ci pare perlomeno azzardato parlare di “lesione delle prerogative” di qualcuno o qualcosa. Diversamente che cosa avrebbe dovuto fare il Presidente Oliverio, rinunciare alla proroga e mettere in ginocchio un settore già agonizzante? A me, onestamente, sembra che, questa ricerca ossessiva del negativo ad ogni costo nell’agire della politica, quando è priva di aspetti venali, sia da attribuire al sentimento che un po’ accompagna la storia antropologica di questa Regione, ovvero, il sentimento di una certa “invidia distruttiva”. Come scrive il prof. Ulderico Nisticò, nel suo libro “Controstoria della Calabria”,  “a San Gimignano l’invidia fece sì che ognuno volesse innalzare una torre più alta del vicino. In Calabria invece, si fa il contrario: impediamo al vicino di andare oltre il secondo piano, altrimenti dovremmo costruirne un terzo noi.” Ecco, io penso che purtroppo, una certa stampa si muove ed opera, funzionale a questo sentimento, la mia critica ad un certo modo di informare, dunque, non è riferita ai colleghi che ogni giorno scrivono di politica e che fanno i loro editoriali esprimendo il giusto giudizio critico verso il “potere” che, sia chiaro, rappresenta il sale per condire e rendere appetibile la cronaca quotidiana della nostra regione e del paese. Per la maggior parte di quei colleghi, anzi, nutro grande rispetto, e molti di loro sono carissimi amici, e ciò, indipendentemente da come la si pensi sulle singole questioni. Nessuna stima invece, per quei “mercenari” del giornalismo calabrese che di questa professione hanno fatto “merce di scambio”, i quali confezionano editoriali a iosa, in relazione ai loro poco nobili obiettivi. Sono perfettamente consapevole che non saranno le mie opinioni a fermare questa deriva. Tuttavia, offrire una diversa informazione e una diversa declinazione dei fatti, forse contribuirà a rendere più chiare le idee ai nostri lettori e ciò lo considero un dovere oltre che un diritto. Libertà di stampa, forse, significa anche questo.


Pasquale Motta