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In Calabria, come spesso accade al Sud, esistono realtà locali estremamente caratterizzate dal proprio retaggio di tradizioni, che finiscono anche per esprimere modi di dire che altrove non hanno alcun significato. Eppure, dietro questi luoghi comuni, questi proverbi o semplici espressioni si nasconde la storia vera di una comunità.
Esempio tipico è l’espressione napitina «‘a parata ‘i Nardu u Nanu» è un modo di dire proverbiale che si usava a Pizzo, nel Vibonese, per indicare una persona che ostenta una certa imponenza, ma che nei fatti è tutt’altra cosa. Tale modo di dire risale ad un “personaggio”, appunto “Nardu u Nanu” , vissuto sino ai primi anni Sessanta del secolo scorso. Il portamento, l’espressione del viso, il corrugamento della fronte, i suoi occhi piccoli come punte di spillo e il suo parlare dal tono impostato, erano quelli di una persona di “rispetto”.
Con la sua fantasia dava schiaffi a tutti, dalla mattina alla sera. Di fatto, nessuno gli dava credito, anzi spesso veniva messo in mezzo ed era oggetto di burla di quanti poi per rabbonirlo gli offrivano uno o due bicchieri di vino. Così che la sua persuasione accresceva ancora di più. Alla fine, anche chi si faceva due risate alle sue spalle, gli voleva bene. Oggi, tanti non sanno neanche chi sia, o chi sia stato “Nardu u Nanu”, ma la sua “parata” (il suo atteggiarsi) è rimasta nell’uso quotidiano ed è citata a mo’ di proverbio.
Nelle foto lo vediamo nei panni di portiere durante una memorabile partita di pallone inscenata in piazza in un carnevale di quegli anni. In ricordo di Nardu u Nanu e nel solco di questo “sfottò” che ormai è storia napitina, ho scritto questa breve composizione che riassume tutte le espressioni con cui ostentava la sua immaginaria superiorità fisica.
‘A PARATA ‘I NARDU U NANU!
Si t’havarìa nde mani, ohi chi doluri
Sai quandi scrorzi ‘i coju e tumbulùni,
A fandalàti e a scoppulùni
Mi cacciarìa ‘a soddisfazioni!
Si mi venissi mbaru, ohi chi piacìri:
Ahi li trambati e li vandàgghjni,
Sapissi li mascati e i cinguliri
Ti minarìa a mai finiri.
Si t’havarìa pe’ mani, ohi mascatuni
Ti la darìa bona ‘na lezioni
E si mi cercarissi la ragiuni
Ndo mussu t’a darìa a buffettùni!
Mi bastarìa nu pàccaru u ti dugnu,
‘Nu jìffulu, mu sai io cu sugnu,
prima mu faci l’annu chiju pugnu!