Anche alle primarie del Partito democratico di ieri nel seggio di casa sua, Diamante-Buonvicino-Orsomarso, il senatore non è riuscito ad andare oltre 786 preferenze per Maurizio Martina
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Non ha mai brillato per capacità politiche, men che meno per la sua attività sul territorio, ma l'ascesa di Ernesto Magorno è invidiabile. Due volte sindaco di Diamante, ha lasciato il comando della città altotirrenica solo quando, nel 2013, si è candidato per un posto da deputato al parlamento della Repubblica Italiana. Che si è aggiudicato grazie alla legge Porcellum e un posto bloccato da capolista alla Camera. Cinque anni dopo cambia la legge ma non la porcata elettorale: Magorno capolista al Senato agguanta lo scranno in extremis nonostante lo sfascio del pd calabrese di cui è principale autore. Pare che a salvarlo sia stata l'amicizia consolidata con Luca Lotti, giovane ex ministro e braccio destro di Matteo Renzi. Di tutto ciò che grava sulle sue spalle, polemiche, malintesi e responsabilità, nessuno chiede conto. E per omaggiarlo di tanta bravura, il 16 luglio 2018 viene scelto tra i rappresentanti del Pd che entrano a far parte del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, che è un organo del Parlamento della Repubblica Italiana esercitante il controllo parlamentare sull'operato dei servizi segreti italiani. Tra i poteri dei componenti c'è l'acquisizione di documenti e informazioni sia dal Sis e dagli organi della Pubblica Amministrazione, sia in direzione dell'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, in deroga al segreto istruttorio. In sostanza Magorno ora può controllare tutte le indagini in corso. Anche quelle riservate, anche quelle con cui la magistratura protegge i nomi con gli omissis. Un fatto quanto meno strano se si considera che il senatore diamantese, al luglio del 2018, è al centro di aspre polemiche da due anni per un presunto coinvolgimento in una delicata indagine, eppure non troverà mai tempo e modo di respingere ufficialmente le gravi accuse mosse dalla stampa. Nemmeno il suo partito sembra preoccuparsene, poiché nessuno dei maggiori esponenti ne parlerà mai apertamente.
Il peso politico
Ma in verità, politicamente quanto vale Ernesto Magorno? Dal marzo di un anno fa gli appuntamenti politici del senatore sono stati tre e tutti e tre hanno dimostrato ampiamente come sia poco influente. Alle politiche del 2018 il crollo del Pd è stato generale, ma è Diamante, la terra natìa dove tuttora vive, a dargli uno schiaffo morale. Su 2.794 votanti over 25, votano implicitamente per lui appena 639 persone. Un risultato deludente, che vede trionfare il M5s con quasi il doppio delle preferenze del padrone di casa.
Facciamo un salto di 11 mesi e andiamo alle votazioni provinciali di Cosenza. No, le province non sono state abolite, hanno solo tolto il diritto di voto ai cittadini e ora i rappresentanti provinciali li eleggono consiglieri comunali e sindaci, con voti ponderati che avvantaggiano i centri più popolosi. Nella lista "Provincia Democratica" si candida anche Ornella Perrone, segretaria del circolo Pd di Diamante e consigliera comunale in quota Pd, oggi dimissionaria. Preferenze: zero. Certo, la sua dev'essere stata una candidatura di "servizio", finalizzata al riempimento della lista e non certo alla vittoria, ma il suo nome è legato indissolubilmente a quello del senatore e quello zero dimostra quantomeno che Magorno è stato escluso dalla competizione provinciale. Un favore tra compagni di partito? Forse, ma una settimana più tardi un altro risultato dice che Magorno conta ormai veramente poco. Alle primarie di ieri del Partito Democratico, nel seggio Diamante-Buonvicino-Maierà i voti per Maurizio Martina, supportato dal senatore, sono stati 786. Tre Comuni, circa 6mila preferenze a disposizione, e non è arrivato nemmeno a 1000.
Lo strappo con Oliverio
Complice forse la differenza di vedute sui candidati delle primarie, lo strappo tra Mario Oliverio (che faceva il tifo per Nicola Zingaretti) ed Ernesto Magorno, nelle scorse ore è diventato ufficiale. Dopo avergli dato piena fiducia nei panni di segretario del Pd regionale e averlo protetto con il silenzio durante i mesi caldi delle polemiche sul suo conto, ora il senatore scarica il presidente di San Giovanni in Fiore con quattro righe di giornale. D'altronde lo strappo c'era già ed era diventato insanabile quando, infischiandosene delle delicatezza della situazione, a dicembre scorso, due giorni dopo il provvedimento cautelare che aveva raggiunto Oliverio nell'ambito dell'inchiesta Lande Desolate, si era fatto vedere senza il minimo imbarazzo accanto al procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, che ha coordinato l'inchiesta, in occasione della presentazione del suo libro.
Ma chi lo conosce bene, non se n'è meravigliato affatto.