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Infatti non risulta indagato e non gli viene contestato nessun reato e, tuttavia, da giorni, ogni qualvolta che si parla di questa inchiesta si tira fuori il suo nome. Il nocciolo della questione sarebbe un presunto sostegno elettorale ricevuto da parte del clan Tegano alle elezioni del 2010. Una vicenda già venuta fuori 5 anni fa e che, Nino De Gaetano, credeva avesse chiarito. Evidentemente si sbagliava. La cosa più paradossale di questa storia, è che, a De Gaetano, non viene contestato nessun fatto in particolare. Non risulta intercettato, non risulta essere stato fotografato con il capo clan, non risulta che abbia avuto incontri con altri riconducibili alla cosca in oggetto. Nessun comportamento illecito è stato contestato, niente di niente neanche sul piano etico. Eppure Nino De Gaetano ha ricoperto ruoli istituzionali e di governo importanti, e se fosse stato colluso avrebbe potuto favorire coloro che lo avessero sostenuto: consigliere comunale e assessore della Giunta di Italo Falcomata’, consigliere regionale e assessore regionale della giunta Loiero. Nonostante questo importante ciclo di governo, nessun atto illecito è mai saltato fuori, ne’ per questa inchiesta, ne’ per altre.
Allora come è venuto fuori il suo nome? A quanto sembra, emergerebbe da alcune relazioni investigative, atti, cosiddetti “privi di rilevanza penale”. Le relazioni investigative, infatti, seppur autorevoli, se non hanno rilevanza penale, dovrebbero rimanere semplici deduzioni, nient’altro che semplici deduzioni. E’ giusto che semplici deduzioni investigative, prive di qualsiasi rilevanza penale, finiscano per essere date in pasto alla stampa? Uno dei noccioli di questa vicenda, sta tutto dentro questo paradosso. Sinceramente, con tutto il rispetto per gli organi inquirenti, noi siamo convinti che non sia giusto, anzi diciamolo chiaramente, è profondamente scorretto. Tra l’altro, da quanto leggiamo sui giornali, queste deduzioni investigative, sono molto approssimative, infatti sostengono che, alcuni indagati, si sarebbero prodigati per ottenere sostegno elettorale dal clan, a favore di De Gaetano, ciò, sulla base di un presunto interessamento del suocero dello stesso. Insomma, per farla breve, alcuni soggetti, su richiesta di altro soggetto, avrebbero chiesto sostegno per De Gaetano.
L’unico indizio? Il ritrovamento di alcuni santini elettorali. Un po' poco per sbattere il “mostro” in prima pagina e distruggerne la reputazione. Ma poi cosa avrebbe fruttato il presunto sostegno della cosca in termini elettorali per Nino De Gaetano nelle zone di influenza del clan? 55 voti a Grotteria, 35 voti a Siderno, 50 voti a San Luca, un paio di centinaia di voti ad Archi. Scusate ma di cosa stiamo parlando considerato che De Gaetano ha preso oltre 8 mila voti? In questa storia tutto fa a pugni con il realismo, sia i fatti, sia la logica.
Abbiamo molto rispetto per coloro che combattono la ‘ndrangheta ogni giorno, mettendo a repentaglio la propria vita. Tuttavia, abbiamo altrettanto rispetto per il principio della difesa del diritto, delle garanzie e della dignità delle persone, e ciò, ci induce a prendere le distanze da metodi di questo tipo, e a nutrire forti dubbi sulle campagne mediatiche come quella di cui è rimasto vittima Nino De Gaetano. So bene che mi attirerò le critiche e le solite accuse delle anime belle del professionismo antimafia di casa nostra ma, onestamente, di fronte all’entità del problema che, per la verità, non solo chi scrive, ma tanti altri ormai pongono, di questa eventualità, non mi importa molto. Quello che mi preme, è porre sul tavolo della discussione politica mediatica, un tema gigantesco: la difesa della civiltà giuridica di un paese ormai alla deriva.
Pasquale Motta