Tantissimi alle nostre latitudini nonostante i risultati ottenuti dalle pubbliche amministrazioni continuano ad essere disastrosi a tutti i livelli. Prima ci si è messa la spending review con la riduzione dei posti al sole negli Enti locali e la cura dimagrante imposta alle giunte. Per restare solo al Consiglio regionale della Calabria si è passati in un solo colpo da 50 a 30 consiglieri. Un vero e proprio pugno nello stomaco per i partiti nostrani e per i tantissimi che si sono ritrovati fuori dagli scranni di palazzo Campanella.


Adesso un altro colpo terribile è stato inferto dal governo Renzi e dalla recente approvazione della riforma del Senato. I numeri sono impietosi: si passerà dagli attuali 315 a 100. Se si considera poi che cinque di questi saranno indicati dal presidente della Repubblica per particolari meriti, secondo quello che era il criterio per indicare i senatori a vita anche se questi dureranno in carica sette anni, i posti al sole saranno solo 95. Nelle Regioni più piccole i senatori eletti dovrebbero essere 2, mentre alla Calabria ne toccheranno 3. Un taglio di oltre il 50%, considerato che alle ultime politiche la nostra Regione ha spedito a palazzo Madama 10 senatori.


Ancora sono da meglio definire le modalità di elezione, anche se il dato certo è che la stessa avverrà in concomitanza alle elezioni regionali e dovrò trovare conferma all’interno degli stessi. Sarà preferito il criterio proporzionale per evitare che la maggioranza si prenda tutti i seggi a disposizione.


A complicare ancora il quadro c’è la spiacevole vicenda legata ai compensi: tagliati completamente per i nuovi inquilini della Camera Alta. I tre posti in questione, dunque, finiranno con l’essere poco ambiti sotto alcuni punti di vista e la diminuzione delle poltrone utile potrebbe essere considerata anche pari al 100%.


Questo è il punto di partenza da cui partire per capire il fermento che sta agitando gli schieramenti politici e tutti i partiti. Mai come oggi si segnala un ribollire interno alle formazioni con scissioni e spartizioni impensabili fino a qualche tempo fa. Tra gli altri basta citare la rottura tra Verdini e Berlusconi o le recentissime dimissioni di Gaetano Quagliariello, ormai fuori dal Nuovo Centrodestra.


In periferia poi la situazioni è ancora più caotica. Forza Italia sta litigando perfino sui coordinamenti provinciali, ma nella maggioranza di centrosinistra la situazione non è diversa. La creazione dell’area dei Democratici progressisti, i mal di pancia delle formazioni minori e la corsa alla leadership delle province che dovranno cambiare segretario hanno un unico comune denominatore: per sopravvivere bisogna mettere le mani sui bottoni del comando da cui usciranno le future candidature per la Camera dei Deputati e per il Consiglio regionale. La gara per i posti utili, considerati anche i criteri inseriti dall’Italicum, saranno davvero pochi e per non trovarsi spiazzati al momento opportuno bisogno partire per tempo.




Riccardo Tripepi