Tutti gli articoli di Blog
PHOTO
Chi si vergogna dei partiti alzi la mano. O dica quantomeno il perché. A partire da Fabio Scionti, neo sindaco di Taurianova, vittorioso al ballottaggio per il governo della cittadina, tristemente nota alle cronache per i suoi rapporti burrascosi con gli scioglimenti delle sue amministrazioni per infiltrazioni mafiose. Scionti, così come tantissimi suoi colleghi sparsi per la Calabria, che prima di lui hanno sposato la causa “no cappello”, ha predicato per tutta la campagna elettorale cambiamenti radicali in nome del civismo, mostrando ai votanti il volto neutro, seppur di colore rosso, della lista popolare, con qualche accento politico schiaffato nella coalizione. E poco ha importato aver visto passare dal paese della Piana vari personaggi del Partito Democratico, a partire da Mario Oliverio e di addirittura Lorenzo Guerini. Che potrebbe voler dire tutto e niente, tipo che esistono ancora delle legittime simpatie gratuite, ma che a voler essere pignoli può determinare, anzi determina, un sentimento nuevo chiamato “prima vota, dopo pensa”. Un po’ come la celebre frase di Cetto Laqualunque, si. Perché non si spiega, o forse si spiega benissimo, come mai un uomo come Scionti, legato a quanto pare da amicizie politiche di cui chiaramente mena vanto, date le presenze “importanti” ad alcuni suoi comizi, scelga di non mettere come trainante il simbolo del partito che lo rappresenta, preferendo il finto anonimato della bandiera civica. Già, finto. Chi potrebbe dire il contrario? Sembra la storia del “Mamma, Ciccio mi tocca – Toccami Ciccio ca ‘a mamma non vidi”. Cioè, Scionti, così come tantissimi altri “vergini”: si vergognano dei partiti, si vergognano della politica con nome e cognome o più semplicemente sono convinti che tira di più un pelo di civismo che un carro di simboli? Escludendo la prima opzione, visto che i “big” sono stati presenti in vari momenti, delle due l’una: o c’è la disaffezione alla politica o non c’è. Quindi, se c’è perché proclamarsi neutri e farsi poi sponsorizzare apertamente dai vari personaggi? E se non c’è perché non presentarsi con il simbolo?
Che non sia tempo più di simboli di partito lo si è capito già da tempo. Ma è davvero il simbolo a pesare più dei volti delle persone? Può Mario Oliverio passare da inosservato e anonimo su un palco di un comizio, per esempio? Chiaramente no. E se questo è fin troppo evidente, perché gli Scionti qualunque si ostinano a parlare un laicismo analfabeta? Per i cittadini è davvero questo l’ostacolo per superare la paura della casta?
Leggendo su vari social e commenti sui giornali, si intuisce sin da subito la buona caratura di Fabio Scionti, non v’è dubbio. Nessuno si esporrebbe così tanto, specialmente in un periodo attraversato da profondi vuoti morali, per difendere ed esaltare la figura di un candidato a sindaco in una cittadini storicamente difficile. E su questo non ci sono valutazioni ulteriori da fare: Scionti, almeno in apparenza, è brava persona. Il punto è di altra natura, ovvero che la politica sta lentamente scomparendo. E la cosa grave è che lo sta facendo per convenienza. E la cosa ancora più grave è che lo sta facendo per finta. Perché, ribadendo, se due come Oliverio e Guerini sposano, presenziano, parlano alla campagna elettorale di un candidato civico bisognerà dare un valore politico a questi appuntamenti, no?
Taurianova è solo l’ultimo caso in ordine di tempo ad aver mostrato le due facce di una stessa inconfutabile medaglia, che tra l’altro ha dato la vittoria a Scionti grazie proprio ai voti del Pd. Prima di lei, nelle scorse amministrative, i comuni passati sotto le mentite spoglie del Partito Democratico sono stati diversi. A partire, per esempio, da Tropea con un candidato a sindaco in area democristiana, ma con ossatura chiaramente “dem” e un progetto chiaramente senza simboli; così come Gaetano Sollazzo, sindaco di Diamante, paese del segretario Pd Ernesto Magorno, che alle scorse comunali si è presentato in prima istanza “civico”, per poi approdare qualche mese dopo nel Pd; per non parlare della Pizzo di Gianluca Callipo, che già nel 2012 si è battezzato con la lista “Tocca a te”, pur essendo chiara espressione del Pd.
In definitiva, il primo partito d’Italia non è presente con orgoglio, onore e chiarezza nei territori. Ed è paradossale, perché in teoria il Pd non ha numeri, ma in pratica governa un po’ dovunque.