Come ancora oggi Capri può vantare, anche Pizzo ha avuto i suoi “Faraglioni”. E non vogliamo riferirci a milioni di anni orsono, prima che il mare si ritirasse: come testimoniano i resti fossili di conchiglie marine sulle pareti di tufo della riviera Prangi.


L’esistenza di questi isolotti che si ergevano dal mare prospiciente la cittadina tirrenica risale a qualche secolo fa. Il canonico Ilario Tranquillo, nella sua “Istoria Apologetica dell’Antica Napitia, oggi detta il Pizzo”, citando Plinio, racconta che Ulisse, nel suo peregrinare, dopo la distruzione di Troia e di ritorno alla sua Itaca, avrebbe fatto sosta con le sue navi presso alcune isolette nel golfo di Sant’Eufemia. Tali isolette sarebbero state onorate dalla presenza dell’eroe greco per la necessità che questi avrebbe avuto di riparare gli scafi danneggiati dalle tempeste che in queste anse l’avrebbero condotto, far riposare gli equipaggi ed approvvigionarsi del necessario per il prosieguo del viaggio.

 

Le cinque isole Itacensi

Pertanto, ad onore del Re d’Itaca, dette isolette sarebbero state chiamate “Itacensi”. Il Tranquillo ne enumera cinque: la “Punta”, a suo dire ancora visibile nel 1725 (anno a cui risale la sua opera), la “Pietraperciata” e le “Trepietre”, quest’ultima formata da tre scogli poco distanti l’uno dall’altro e perciò identificati con un solo nome. L’esistenza delle Isole Itacensi nel golfo di Sant’Eufemia viene riscontrata da diversi scrittori e geografi antichi. Girolamo Marafioti, nelle sue “Croniche di Calabria”, citando le testuali parole di Plinio, riporta : “Contra Hipponium Insule Sunt, Quae Ithacensae Appellantur, Ulisse Specula”.

Gabriele Barrio, nella “De Antiquitate Et Situ Calabrie”, le colloca sotto Briatico, nelle vicinanze del Porto di San Nicola, oggi Porto Salvo, mentre Scipione Mazzella, nella “Descrizione del Regno di Napoli”, del 1586, unisce “al Pizzo” le isolette e scrive: “Poscia si scorge il Pizzo in luogo molto aprico coll’Isolette Itacensi”. Di parere concorde al Mazzella è Giovan Lorenzo Anania, che nella sua opera “Fabrica del Mondo” recita: “ … poscia si scorge il Pizzo colle Isolette Itacensi”. Per tale ragione, il Tranquillo, avvalendosi delle tesi delle erudite penne del Mazzella e dell’Anania, ne deduce che le Isole Itacensi si ergessero presso “il Pizzo”, contrariamente a quanto sostenuto dal Barrio che le vuole fossero presso Briatico.

 

L'arcipelago appare nelle mappe

Il canonico napitino avvalora ulteriormente la sua tesi sostenendo che Ulisse avesse usato come approdo dette isole perché situate in prossimità di Napizia, città amica agli Itachesi, che con i Focesi (fondatori di Napizia) avevano formato un solo esercito e combattuto fianco a fianco nella guerra contro Troia.
A parte la leggenda dell’omerico eroe e il volere dare a tutti i costi illustri natali alla propria città da parte del Tranquillo, vantando di questa le nobili origini magnogreche, diverse sono le mappe antiche che riportano le Isole Itacensi nel riprodurre il golfo di Sant’Eufemia. Gaetano Boca, nei “Luoghi sismici di Calabria”, sostenendo l’attendibilità storica delle carte antiche, trattando dell’Isola di Ogigia sprofondata, descrive la Calabria come “terra che da secoli si muove, viaggia, emerge e sprofonda”. E, al contrario di quanti altri hanno trattato l’argomento, vuole le Isole Itacensi non sprofondate, ma emerse e le pone nella valle dell’Angitola, anzi una fa proprio di sostegno all’attuale lago artificiale.

Monsignore Francesco Albanese, nella “Vibo Valentia nella sua Storia”, le identifica con le scogliere oggi riunite alla riva nei pressi di Porto Santa Venere: “Di esse esiste ancora un piccolo scoglio a fior d’acqua sulla riva. Forse furono distrutte colla costruzione del nuovo porto”. A questo punto, accertato che le Isole Itacensi sono realmente esistite, la curiosità e davvero forte: come è accaduto che potessero scomparire senza lasciare alcun segno? Il mistero della scomparsa delle Isole Itacensi rimane e, certamente, non siamo noi a poterlo svelare.

 

Il segreto del Golfo di Sant'Eufemia

Un fatto certo è che dall’antichità ad oggi le nostre coste hanno subito trasformazioni sostanziali dovuti a diversi elementi, quali il bradisismo, le correnti marine, il ritiro delle acque, l’azione stessa del mare che incessantemente batte contro la scogliera. Lasciamo ad ognuno l’interpretazione che meglio lo convince. Ad ogni buon conto, avendo ora cognizione di esse, affacciandoci dallo Spuntone di Pizzo probabilmente guarderemo con occhi diversi la distesa del mare, cercando magari di scorgerli in qualche punto, anche se è ugualmente piacevole saperle solamente esistite.