Etica, fede, coraggio e Calabria. A quattro domande, quattro risposte. Ad essere interpellato, padre Enzo Fortunato, giornalista e scrittore, direttore della rivista "San Francesco", già portavoce del sacro convento di Assisi, da anni voce e volto del francescanesimo italiano. È lui a raccontare di una “solitudine abitata da Dio”. Di una quotidianità dove aleggia l’ombra di “Sorella Morte”. Di un bisogno di conforto spirituale che passa da “Sorella Rete”. Di un web dove i fedeli, ogni giorno, riversano migliaia di preghiere che arrivano on line “ai piedi del Santo”.


Il giornalista Michele Fusco, laicamente, nell’ editoriale pubblicato nei giorni scorsi dalla testata on line “Gli Stati Generali” scriveva: «Dio rimane ancora un’idea politica decente, socialismo e liberalismo sono morti». Padre Fortunato, francescanamente, conferma la vertiginosa risalita delle “azioni” cristiane. Indicando nel «camminare insieme l’unica via percorribile: soprattutto in Calabria, terra dove è nata la filosofia dell'essere, e dove abita un uomo che può dare tanto». Per una “ricostruzione” che riparta proprio dal Sud.

 

Di pari passo con il distanziamento sociale, ha notato un crescente bisogno di spiritualità da parte dei fedeli?


Il bisogno di spiritualità, la sua importanza, è una delle riscoperte più significative del momento drammatico che stiamo vivendo. La spiritualità è quel valore che affina l’uomo, e gli permette di comprendere, di vivere durante la notte la luce della Fede. La certezza che sta emergendo, e che il Papa ha esplicitato in quella bellissima meditazione proposta Venerdì scorso, è che tutti siamo chiamati a remare insieme. Che tutti ci sentiamo smarriti. Che abbiamo bisogno di porre al centro il timone della Fede.

 

Qual è la paura che avverte di più tra quanti si rivolgono al Santo?


Una delle paure che emerge dalle migliaia e migliaia di preghiere che arrivano ai piedi della tomba di San Francesco attraverso Sorella Rete è quella della solitudine. Ma al contempo ci si accorge che questa solitudine è abitata. È abitata da Dio. È abitata dalla solidarietà. È abitata da quanti stanno rischiando la vita per salvare quella degli altri. Un altro aspetto evidente, è che tutti, oggi, si trovano a fare i conti con una parola, un concetto che abbiamo cercato di eliminare dal nostro vocabolario e dalle nostre riflessioni: Sorella Morte. Facciamo i conti con la paura più forte, quella del virus, che può portare la morte nella mia vita. Ma abbiamo al tempo stesso anche l'opportunità di comprendere e di chiederci per chi sto spendendo la mia vita. Cosa sono chiamato a fare, a donarla o a sprecarla? Sono questi gli elementi, le considerazioni che stanno emergendo dalle preghiere che ci arrivano. Ci si è accorti che anche se il virus, divide, allontana, frantuma, d’altro canto c’è un'umanità bella che è capace di unire, di farci comprendere che siamo nati per camminare insieme. Ed è questa la strada da seguire. Voglio tornare alle parole di Martin Luther King, che riecheggiano lo spirito francescano: «Abbiamo imparato a volare nei cieli come uccelli e solcare i mari come pesci, ma non abbiamo ancora imparato a camminare sulla Terra come fratelli e sorelle». Ecco: questo momento storico forte, significativo, impensabile, sta facendo comprendere l’importanza del camminare, di sentirci insieme, di sentirci famiglia alla luce della fede. O, per dirla “alla san Francesco”, di sperimentare la fraternità.


Qual è il rischio maggiore che si corre in termini etici e morali, laddove la quarantena dovesse protrarsi ancora a lungo?


Il rischio maggiore che si corre in termini etici e morali laddove la quarantena dovesse protrarsi è soprattutto il rischio di pensare di non farcela. Pensare di rimanere schiacciati da questa crisi, da questo momento difficile. Credo invece che a livello etico e morale questo appuntamento imprevisto con la Storia o con l'ospite inatteso ci porti a comprendere l'importanza del vivere eticamente e del vivere moralmente. Per quanto lungo ancora possa essere il cammino che siamo chiamati a fare in questo deserto, in questo vuoto, una cosa è certa: che eticità e moralità rappresenteranno due grandi luci sulla strada che siamo chiamati a ripercorrere. Sulle relazioni che siamo chiamati a ricostruire.

 

La Calabria è una terra povera, che viveva una crisi culturale sociale e morale da ben prima dell'emergenza sanitaria. C'è un messaggio adeguato alle necessità spirituali di questa terra, avvezza sia alla paura del futuro che a navigare nell'incertezza?


Credo che la preghiera più bella per la Calabria sia il Padre Nostro. Ci indica la necessità di uscire dalla logica del “mio” e ci fa pensare in termini di paternità, che è quello che ha fatto Francesco d'Assisi, ed è quello che fanno i francescani in Calabria, impegnati a far sperimentare la presenza di Dio ad ogni uomo. Credo che la Calabria potrà dare molto. È una riserva di umanità, di creatività, di ingegno. L’uomo della Calabria, l’uomo del Sud ha davvero tanto da dare a questo Paese, che dopo questo momento sarà chiamato a rifiorire nuovamente. In fondo, il Sud rappresenta le radici del nostro paese, qui è nata la filosofia dell'essere. Ci auguriamo tutti, nel più breve tempo possibile, che tutto questo finisca. E ci auguriamo che si sappia ricostruire partendo dal Sud.