Ricostruire. Il mantra per il centrodestra calabrese (e prima ancora nazionale) per il 2016 non può che essere questo. L’anno appena concluso, infatti, è servito ad ufficializzare il rompete le righe generale, quasi imposto dal tramonto della leadership di Silvio Berlusconi, intorno alla quale è stato costruito il successo di una coalizione per vent’anni.


In Calabria, quasi in contemporanea, la coalizione perdeva il condottiero che l’aveva portata ai fasti delle regionali del 2010, dopo la vertiginosa ascesa del “modello Reggio” come esempio di buona amministrazione. La condanna in primo grado di Giuseppe Scopelliti nell’ambito del processo Fallara e le sue successive dimissioni per evitare la sospensione della legge Severino, segnarono l’uscita di scena del primo e hanno dato al modello Reggio un’accezione nuova, tutta negativa. Scopelliti poi non era soltanto il governatore e il commissario ad acta per il piano di rientro dal debito nella sanità. Era anche il coordinatore regionale del Pdl, prima che lo stesso implodesse per dividersi in Forza Italia 2.0 e Nuovo centrodestra di Angelino Alfano.


Con Berlusconi sempre più debole, Scopelliti fuori dai giochi e lo sgretolarsi del moloch pidiellino, le truppe del centrodestra calabrese sono evaporate, smarrite e nel 2015, appena mandato in soffitta, hanno visto crescere in maniera esponenziale divisioni ed emorragie di consenso.


Le regionali sono state un flop e la sconfitta di Wanda Ferro ha assunto proporzioni assai più gravi rispetto alle qualità della candidata e all’impegno profuso in una campagna elettorale prevedibilmente perdente e i cui effetti si stanno riscontrando ancora oggi. Intanto fu in quella campagna elettorale che le scelte della coordinatrice regionale Santelli portarono ad una rottura frontale con i fratelli Gentile a Cosenza e, dunque, con il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano e con l’Udc. I due partiti diedero vita ad una lista che ha portato a palazzo Campanella tre consiglieri (tutti Ncd) che possono considerarsi alleati esterni per la maggioranza di Mario Oliverio. Gentile, a Roma come in Calabria, sta orchestrando una musica che viaggia in perfetta sintonia con quella del premier Renzi. Tanto che per il senatore si parla ancora di un possibile posto da sottosegretario, mentre l’avvocato reggino Nico D’Ascola studia per diventare presidente della Commissione Giustizia di palazzo Madama. Addirittura per le deputate Dorina Bianchi e Rosanna Scopelliti, fortemente volute da Giuseppe Scopelliti, si ipotizza un possibile coinvolgimento in un eventuale rimpasto di governo (Bianchi al posto che fu della Lanzetta?) e magari di una futura adesione al Pd. In Calabria Pino Gentile è vicepresidente di minoranza del Consiglio e agli alfaniani potrebbe toccare la Commissione “Riforme” che sta per essere ricostituita. L’Udc, invece, è imploso dopo aver espresso il presidente del Consiglio e svariati assessori della giunta Scopelliti, appena una legislatura fa. Fatto sta che si tratta, evidentemente, di due colpi di non poco conto per il centrodestra calabrese.


Ma anche dentro Forza Italia la situazione è assai critica. Ad urne chiuse è letteralmente esploso il caso legato a Wanda Ferro, rimasta esclusa dal Consiglio regionale per una modifica alla legge elettorale regionale voluta dalla maggioranza di centrodestra che era al governo all’epoca. Un tradimento? Le prove inconfutabili sono sempre mancate, ma l’amarezza di Wanda è un dato di fatto, così come il suo attuale guardarsi intorno nell’attesa che la Corte Costituzionale si pronunci definitivamente sul suo ricorso, spinto per ottenere il posto a palazzo Campanella che le sarebbe stato strappato illegittimamente con una legge incostituzionale.


Altri guai sono arrivati poi dal gruppo consiliare degli azzurri. Fin dall’inizio spaccato in due. I cinque consiglieri eletti da Fi non si sono mai riuniti sotto la stessa bandiera. Il gruppo istituzionale degli azzurri è formato da Nicolò, Morrone e Salerno. Gli altri due, Tallini e Orsomarso, si sono iscritti al Misto dopo dissapori sulla scelta del presidente del gruppo. Orsomarso, in particolare dopo essere stato eletto in Fi e non aver mai preso la tessera del partito, adesso veleggia verso Azione Nazionale. Un boccone difficile da digerire per gli esclusi degli azzurri, a partire da quel Giacomo Mancini, assessore della giunta Scopelliti, e adesso pronto a correre per le comunali di Cosenza.


La spaccatura in Consiglio è rimasta insanabile e nel partito i malumori sono aumentati dopo le nomine dei coordinamenti provinciali. A Reggio Foti e Raffa sono con un piede fuori dal partito. A Crotone Pacenza continua a scalpitare, mentre sul caso Vibo, Salerno e gli altri consiglieri regionali hanno chiesto a Berlusconi il commissariamento del partito e la sfiducia per la Santelli. Se a ciò si aggiunge la fuoriuscita di Pino Galati e del suo gruppo a Catanzaro (emigrato verso le sponde curate da Denis Verdini), solo parzialmente colmato dall’ingresso di Antonio Caridi a Reggio, si capisce che la situazione è ormai fuori controllo.


Lo sanno anche a Roma. Non a caso è stato proprio Berlusconi ad intervenire per ribadire la fiducia alla coordinatrice Jole Santelli, sua pupilla, che era finita nell’occhio del ciclone. E’ chiaro a tutti, però, che da qualche parte si dovrà cominciare la rifondazione. Magari da quell’incontro romano che, subito dopo feste, dovrebbe svolgersi davanti al responsabile nazionale per l’organizzazione del partito Gregorio Fontana che dovrà guidare la difficile mediazione. Intanto per ricucire lo strappo tra i consiglieri regionali e la coordinatrice. Poi per ipotizzare un rilancio dell’azione del partito anche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali di Cosenza e Crotone.    

Riccardo Tripepi