L'intervista a un giovane ragazzo calabrese che dopo essersi diplomato ha deciso di comunicare ai familiari la sua scelta: «È da alcuni anni che sento una fiamma dentro di me. Ardeva lentamente, ma continuamente. E cresceva, cresceva. Ora è un fuoco…»
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«Io, 19 anni, appena diplomato, ho un solo desiderio: diventare sacerdote! È giunto il momento di dirlo e di cominciare il percorso». Conosco da qualche tempo Francesco, un ragazzo calabrese come tanti, presente sui social, impegnato nel sociale, solare e immediato. L’ho rivisto per un caffè appena terminati gli esami di maturità in una scuola del catanzarese. Esami superati brillantemente.
«Sei il primo, dopo la mia famiglia, a cui lo dico: desidero fare il prete! È da alcuni anni che sento una fiamma dentro di me. Ardeva lentamente, ma continuamente. E cresceva, cresceva. Ora è un fuoco…». Francesco parla un linguaggio da adulto, di chi sa esattamente quello che vuole. Usa termini appropriati, evidente frutto di un’analisi interiore approfondita. Infatti non ha dubbi: «Mai avuti, nemmeno incertezze. Ero fidanzato da circa un anno, e proprio in quel periodo ho scoperto che all’amore di Cristo non si può dire di no, è un amore potente, irresistibile, un amore che mi ha totalmente conquistato».
E la ragazza?
«L’ho coinvolta. Le ho detto la verità, sono stato sincero fino in fondo. Lei ha compreso e accettato. Siamo rimasti amici veri, amici fraterni. Anche lei ha fede».
Francesco conosce cosa vuole da lui Cristo: «Vuole che ci amiamo tutti come fratelli, che si abbandoni la strada dell’egoismo, l’inutile ricerca del piacere e della ricchezza della vita. L’uomo si è allontanato da Dio, vive nell’infelicità, ha il cuore di pietra».
Provo a mettere in difficoltà Francesco: ma sei proprio sicuro di aver intrapreso la strada giusta? Chi è, dov’è il Dio che cerchi?
«Per me Dio è il faro nella notte, non ho dubbi, ma la fragilità umana pone interrogativi. Sarà la fede in Cristo ad aiutare a capire, ad offrire risposte, a sciogliere ogni dubbio».
Sei così giovane, è vero, ma non puoi non sapere che c’è tanto marcio nella chiesa. Benedetto XVI e Francesco lo hanno denunciato pubblicamente.
«Sì, lo so. Ma il marcio è dappertutto, Franco, perché prima di tutto è l’uomo ad essere corrotto dentro, ad essere marcio. Per non lasciarsi avvolgere dall’ immondizia la risposta migliore è nella Croce, nelle sofferenze del Figlio di Dio, venuto sulla terra per salvarci. La preghiera ci salverà».
Francesco deve anche sapere che il sacerdote è forse l’uomo più solo al mondo. La sera, quando rientra a casa, la troverà buia e fredda.
«Quando c’è Cristo non si è mai soli», risponde con immediatezza e certezza. Fa quasi impressione. «Nessuno è mai solo quando volge lo sguardo al cielo. E quando pensa ai poveri, a chi non ha niente. A chi è nel dolore».
Stavolta glielo dico brutalmente: Francesco! Ti voglio sentir parlare lo stesso linguaggio di un 19enne. Avere gli stessi timori e le stesse preoccupazioni. Questa tua granitica certezza fa quasi paura. Scusami!
«Franco, ricordi certamente quel passo del Vangelo in cui Gesù disse agli apostoli che se avessero fede quanto un granello di senape avrebbero potuto ordinare ad una montagna di spostarsi e la montagna si sarebbe spostata. Che significa che se hai fede potrai fare grandi cose. E non temere niente e nessuno. Io parlo la lingua dei ragazzi che credono. Che non temono nulla. Tutto qui». Disarmante!
Ma almeno dimmi che continuerai ad usare l’IPhone di ultima generazione, che sarai ancora sui social, che ti divertirai come un quasi ventenne di oggi.
«Ma certamente. Io sono quello di sempre, farò quello che ho sempre fatto, con la consapevolezza che ogni cosa è utile per fare del bene. Per questo sono e sarò sempre quel ragazzo che hai conosciuto. Con tanta fede e tanta voglia di vivere. A servizio degli altri. A fianco di chi ha bisogno».
Buona vita Francesco. Con l’augurio di restare sempre saldo nella fede.