Il presidente del Consorzio Bea: «L’azienda ha portato al salone un vino perfettamente in linea con il nostro manifesto, dove senti il succo dell’uva, l’appassitura, il sole, il territori»
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Nei territori baciati dalla storia e dalla fortuna come la piana di Assisi e del Monte Subasio, in bilico tra borghi, business e santità – basti guardare alle campagne di Brunello Cucinelli –, capita a volte si creino delle “nozze mistiche” perfettamente in bilico tra mercato e identità: vere, proprio come certi vini. È il caso del salone ViniVeri Assisi, nomen omen, tenutasi il 13 gennaio nella cittadina umbra: sesta edizione promossa dall’omonimo consorzio nazionale di cantine biologiche e biodinamiche, protagoniste ad aprile anche del Salone di Cerea - Verona.
Un luogo non casuale
La scelta del luogo non sembra casuale, visto il corredo di autenticità e purezza che Assisi evoca anche in chiave enologica, riverberandola sui 60 produttori aderenti provenienti da Italia, Slovenia e Francia.
Sono eventi nei quali la coerenza tra paesaggio e prodotto è azzeccata, armonica: specie se baciata, come lunedì scorso ad Assisi, da quella luce obliqua che il sole di gennaio riserva agli ulivi della Valle umbra sud ed al profilo del Sacro Convento che li sovrasta. Tutto è pervaso da un’aureola di santità vellutata, ruffiana, elegante come il cachemire.
La Regola
Un evento «manifesto», una filosofia produttiva che essi stessi definiscono «Regola» (R maiuscola, si noti bene).
«La diversità territoriale non è solo un valore aggiunto dei nostri vini, ma è anche un elemento cruciale per la salvaguardia dell’ecosistema», recita il programma. E ancora: «Dal 2004 come Consorzio ViniVeri abbiamo adottato La Regola con pratiche produttive sostenibili e rispettose dell’ambiente, promuovendo un’agricoltura più etica e consapevole. Una filosofia produttiva che trova in Assisi, con la sua storica spiritualità e il suo legame profondo con la natura, il luogo ideale per celebrare e condividere un modo di fare vino che mette al centro l’uomo e l’ambiente». Naturale, sì, quasi francescano: ma che stile…
Da Saracena ad Assisi
La Maradei, azienda agricola di Saracena, ha animato il salone umbro con diverse referenze, tutte dedicate ai vitigni autoctoni dell’areale tra Pollino e Sibaritide.
Spiccava il Moscato di Saracena, vero presidio di «archeovinificazione» con procedimenti importati dagli arabi sin dal XI secolo da base Moscatello, Guarnaccia, Malvasia. Un passito antico e raro, che spicca in una regione – la Calabria –, che dalla vinificazione dolce avrebbe ancora tanto da valorizzare.
L’azienda, aderendo al consorzio ViniVeri, ha compiuto una transizione ideale tra eredità secolare – lo stemma di famiglia campeggia al centro delle etichette – ed una filosofia contemporanea che guarda al recupero orgoglioso ed elegante della tradizione. Del resto, cita la Regola, «ogni vino, ogni calice racconta il territorio da cui proviene e ogni produttore è custode di un patrimonio da proteggere».
Natura e territorio
E dato che su un centinaio di vitivinicoltori che chiedono ogni anno di aderire a ViniVeri solo 5 o 6 vengono ammessi al Consorzio alla fine di una selezione severa, la presenza di una cantina calabra segna un risultato per l’intero areale.
Giampiero Bea, tra i fondatori del Consorzio ed oggi vice presidente, era affiancato alla Maradei nella cena dei ristoranti umbri, stellati e non, che ha preceduto il salone.
«Un moscato straordinario – commenta –. Maradei ha portato ad Assisi un vino perfettamente in linea con il nostro manifesto, dove senti il succo dell’uva, l’appassitura, il sole, il territorio. Emerge il legame con le origini, con una coerenza che esprime perfettamente la filosofia del consorzio: quella del rispetto dell’uvaggio e delle sue caratteristiche, della natura e del territorio che lo esprimono».
La risposta alla crisi passa dal ritorno alla radice?
Insomma, prescindere dalla crisi che ha investito il comparto vitivinicolo, la riscoperta dei vini naturali, biologici e biodinamici è comunque un dato di fatto. «In questo periodo di difficoltà latente bisogna essere ottimisti. Dopo la notte c’è sempre il giorno – chiude Bea –, ed è proprio dalle crisi che bisogna uscire rinforzati. Dobbiamo imparare a pensare che i problemi portino con sé anche le risoluzioni, sapervi leggere uno stimolo. Quando le cose vanno bene tendiamo ad assopirci: dovremmo piuttosto abituarci a stare sempre vigili, all’erta».
La via passa quindi dall’orgoglio «di radice», esalta il fascino discreto delle piccole realtà indipendenti. Premia il recupero dell’originalità, degli autoctoni, della biodiversità, che ha scritto anche in Calabria una pagina iconica: era il 2010, e la rivoluzione dei Cirò Boys ed il suo rinnovamento di linguaggi, stili e consumi segnava un cambio di passo determinante per l’areale e la sua narrazione.
Ndr: Le associazioni “bio”
Oggi, in Italia sono attive diverse associazioni che riuniscono vignaioli che operano in regime biologico e biodinamico. Oltre a ViniVeri, citiamo VinNatur, il movimento Triple A , l’associazione Vi.Te, l’associazione culturale VAN Vignaioli Artigiani Naturali. Centinaia di produttori, con intenti e manifesti non identici, ma coerenti, e riconducibili ad un unico comune denominatore: la naturalità.