«Il mare per me è un cimitero infinito, senza confini. Ho provato mille volte a guardarlo come lo guardano gli altri ma non ci riesco, non riesco neppure a farmi un bagno. Ho perso troppe persone là dentro. Lo amo, il mare. Ma di un amore diverso, fatto di pietà, di tristezza. Di lacrime». Abdullah ci ha raccontato così il suo rapporto con la costa ionica. A lasciare senza fiato è che lo ha fatto il giorno precedente alla tragedia di Steccato di Cutro. Oggi le sue parole rimbombano nel vuoto lasciato dalla tragedia. Raccontano il suo e il nostro dolore, la nostra impotenza, la rabbia di non essere riusciti, di nuovo, a salvare vite. Raccontano lo sgomento davanti alla fila di bare, i giocattoli lasciati accanto ad una sigla che vorremmo trasformare in un nome, almeno per dare pace a quei piccoli corpi. Raccontano il rimpallo delle responsabilità, la morte di chi cercava la vita e quella di chi è morto pur rimanendo vivo, incapace di superare la tragedia di aver perso i propri cari in quel modo. Raccontano il bisogno di avere un posto dove piangere, dove pregare, dove portare un fiore.

Le immagini che da domenica scorsa rimbalzano su tutti i media urlano nel loro silenzio soffocante. Un silenzio che abbiamo raccolto e che vogliamo, dobbiamo far diventare memoria. Solida, visibile, duratura nel tempo.

È partita così l’iniziativa del nostro gruppo per costruire un monumento, un simbolo dell’accoglienza e del cordoglio. Come per la stele di Capaci, sentiamo necessaria una presenza fisica su quella spiaggia, per non dimenticare e per permettere anche a chi attende che il mare restituisca i propri cari di avere un luogo dove potersi recare. Stiamo raccogliendo da sabato molte adesioni, e molte altre ne stanno arrivando: si tratta di un’ulteriore dimostrazione dei sentimenti che stanno alle radici della nostra Calabria: l’umanità e l’accoglienza, orgoglio del nostro esistere. Gli affetti non si dicono: gli affetti si uniscono e si muovono insieme. Un moto corale in cui ciascuno di noi può, vuole e deve fare la sua parte. Raccoglieremo ogni idea, ogni suggerimento, ogni semplice adesione attraverso il nostro network, per dare voce alla parte sana della nostra terra.

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Contemporaneamente stiamo avviando le procedure per le autorizzazioni necessarie con il sindaco di Cutro, stiamo raccordandoci con rappresentanti istituzionali e politici, locali e nazionali, con le associazioni di volontariato, con gli artisti che vogliono dare il proprio contributo.

Una chiamata alle arti e alle armi della memoria, per creare qualcosa che sia davvero corale. Per far sì che non si ripeta più quello che è successo nella notte tra il 4 e il 5 di marzo.

Nel frattempo continueremo a raccontare, continueremo a presidiare il territorio con la forza dell’informazione. Saremo là anche giovedì, per il Consiglio dei Ministri. Saremo là dopo, per evitare che spenti i riflettori si spenga questa emergenza umanitaria.

Come eravamo prima. Siamo sulla costa jonica calabrese da prima di quella notte: eravamo là a raccogliere storie di accoglienza e di integrazione, a raccontare il futuro della nostra Calabria, terra di chi la ama e la sceglie come casa.

E andremo oltre: proporremo agli organizzatori del concertone romano del Primo Maggio di spostarsi da piazza san Giovanni a Cutro, in attesa della cerimonia solenne con cui sarà inaugurato il monumento dell’accoglienza, in memoria delle vittime di Steccato di Cutro e di tutte le vittime di inadeguate politiche sociali.

Il mare deve unire, e non dividere. Il nostro impegno per il monumento dell’accoglienza, così come per tutte le iniziative avviate nei giorni scorsi, va nella stessa direzione: vuole unire, fare rete, creare sinergie per raccogliere il meglio che abbiamo in Calabria e costruire, insieme, qualcosa di cui essere orgogliosi.