Se c'è un settore che più di tutti ha risentito della pandemia è certamente quello dell'intrattenimento, quello che per esistere ha bisogno proprio di pubblico, di contatto umano e interazioni. Del settore fa parte anche la categoria dell'animazione turistica, quell'insieme di attività di carattere ludico e ricreativo che garantisce il benessere dei propri clienti e che spesso opera all'interno di strutture ricettive. Così, nell'epoca del distanziamento e delle restrizioni, gli animatori di professione per sopravvivere hanno dovuto reinventarsi e reinventare un mestiere difficile e troppo spesso sottovalutato. 

«Animazione è sinonimo di assembramenti - ci dice il campano Michele Napolitano, 32 anni, capo animatore in una struttura del Tirreno cosentino - e adesso gli assembramenti sono vietati. Quindi il modo di lavorare in questi mesi è cambiato drasticamente».

Dai balli di gruppo agli spettacoli a distanza

Il modo di fare animazione è cambiato, sì, ma per fortuna senza perdere la sua essenza, senza dimenticare di strappare un sorriso ai vacanzieri e regalare loro un soggiorno indimenticabile. «Prima per far divertire il nostro pubblico - dice ancora Michele, che è anche titolare di una agenzia di intrattenimento - puntavamo sul ballo, anche di gruppo, o sui giochi di squadra, oggi proponiamo principalmente spettacoli, col pubblico seduto, quindi a distanza. Ma non c'è rischio di annoiarsi, raramente rispettiamo un copione, cerchiamo di capire le preferenze delle persone che abbiamo di fronte e seguire quella strada, il nostro obiettivo è farle felici».

Perché poi, ci confessa, il vero animatore, pandemia o meno, deve dare sempre fondo alla sua fantasia, sapendo che può contare sulla nobile arte dell'arrangiarsi. «L'animazione è un modo di pensare - assicura il 32enne  -, è uno stile di vita». E' così che questa professione è sopravvissuta a un'emergenza sanitaria mondiale.

La passione che sfida la sorte

Il mondo dell'animazione turistica ha un fascino intramontabile e ogni anno richiama a sé tanti giovani, magari ignari del fatto che sole, mare e ore piccole sono solo l'altro lato di questo lavoro. Il rovescio della medaglia è fatto invece di prove interminabili, di richieste incessanti, di orari sballati e zero riposo. Di questi tempi, poi, si aggiunge anche il rischio di finire in isolamento nel bel mezzo dell'estate, magari nei giorni più afosi dell'anno, una, due tre volte, senza nemmeno la vicinanza della famiglia. Ma quando c'è la passione, tutto passa in secondo piano. Parola di Marco Loffredo, 20 anni, studente universitario che, invece di godersi l'estate in attesa di riprendere gli studi a settembre, ha lasciato la provincia di Napoli per lavorare come animatore in una delle strutture ricettive della Riviera dei Cedri solo per assecondare le sue passioni. «Ok, c'è la pandemia - dice il ventenne - ma la vita va avanti. Il segreto per superare tutto è affrontare la giornata col sorriso ed eliminare i pensieri negativi. La paura del contagio c'è, ma io sono una persona molto estroversa e la sensazione della platea piena, che ti applaude e grida il tuo nome, o ride alle tue battute, è impagabile. A un certo punto questo non è più un lavoro, diventa un piacere personale. Io farei qualsiasi cosa pur di far sorridere le persone». Soprattutto adesso che i turisti vanno in vacanza anche per mettersi alle spalle giorni bui ed esorcizzare la paura del domani.