Il prossimo 8 maggio il voto in Senato per la conversione del decreto legge approvato in Cdm lo scorso 28 marzo: solo chi ha nonni o genitori italiani potrà diventare cittadino del nostro Paese. Preoccupazione tra chi aspetta di ottenere il documento, c’è invece chi lo ha già ottenuto e progetta un futuro qui
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Solo chi ha almeno un genitore o un nonno nato in Italia potrà chiedere la cittadinanza italiana. La stretta del Governo sullo ius sanguinis nel decreto approvato lo scorso 28 marzo (che sarà votato al Senato l'8 maggio) rischia di sconvolgere i piani dei tantissimi argentini e brasiliani che si trovano in Italia per acquisire la cittadinanza jure sanguinis per come previsto dalla vecchia normativa.
Discendenti italiani in grado di dimostrare le proprie origini di sangue fino al 1871 che si troverebbero a vedere annullate le loro pratiche, a meno che l’origine italiana non si attesti al primo o secondo grado di comprovata parentela.
Anche la Calabria registra una forte presenza di questi nuovi o aspiranti cittadini. La riforma, pur presentando alcuni profili di retroattività, non intacca chi ha già acquisito la cittadinanza o chi ha presentato istanza.
Nonostante il sito della Farnesina indichi che «l’obiettivo delle misure adottate è valorizzare il legame effettivo tra l’Italia e il cittadino all’estero», è lo stesso Tajani a chiarire che il provvedimento intende porre limiti per evitare quello che oggi è diventato un vero business: la cittadinanza italiana e il passaporto europeo. Una revisione che potrebbe oltretutto essere stata concordata in sede europea.
I numeri
Quanto sia impattante il fenomeno, lo dicono i dati: secondo il Ministero degli Esteri dalla fine del 2014 alla fine del 2024 i cittadini residenti all’estero sono aumentati da circa 4,6 milioni a 6,4 milioni: un aumento del 40% in 10 anni. I procedimenti giudiziari pendenti per l’accertamento della cittadinanza sono oltre 60.000. Considerando il caso dell’Argentina, se nel 2023 i riconoscimenti di cittadinanza si attestavano a circa 20.000, nel 2024 schizzano a 30.000. Stesso trend per Brasile (14.000 nel 2022 e 20.000 nel 2024). Un dato che, accoppiato con la stima degli oriundi italiani nel mondo – tra i 60 e gli 80 milioni – racconta della presenza di una seconda Italia all’estero.
In Calabria
Basta fare un giro per le strade e gli esercizi commerciali di Reggio e provincia, area grecanica compresa, per accorgersi che decine e decine di brasiliani e argentini vi risiedano in attesa di completare le pratiche per il riconoscimento della cittadinanza italiana. Procedimenti che oggi rischiano di andare al macero. A confermarlo è Carlos, cameriere in un noto bar del centro di Reggio, giunto in Italia per effettuare pratiche che oggi vede minacciate. Più volte contattato per un’intervista, dopo giorni ha deciso di non rilasciarla: «Scusa, ho avuto una lezione e una mattinata complicata oggi... e riprendendo l'intervista, sono interessato, ma la situazione con la cittadinanza è complicata ora e non vorrei né ho buon umore per parlarne, dato che devo aspettare l'8 maggio che il senato decida se noi argentini potremo fare o meno la cittadinanza (attualmente abbiamo problemi con il nuovo decreto legge)».
A conferma dei cambiamenti in corso c’è il comunicato dello stesso Consolato Generale d’Italia Buenos Aires che annuncia la sospensione di tutti gli appuntamenti relativi alla presentazione delle istanze finalizzate al riconoscimento della cittadinanza jure sanguinis dal 28 marzo.
La procedura per l’acquisizione della cittadinanza italiana può seguire due iter diversi: presentare una domanda all'Ufficio di Stato Civile del Comune di residenza (se in Italia) o al Consolato italiano competente per territorio (se all'estero). E, in caso di mancato accoglimento della richiesta. è previsto un ricorso per via giudiziale per il quale la riforma prevede maglie molto più strette. Alla domanda va allegata una corposa documentazione che dimostri la discendenza da un cittadino italiano e che, spesso, il richiedente non ha a disposizione all’estero. Per reperirla si reca in Italia.
«Restiamo qui»
A parlare apertamente è Mario, in Italia da oltre un anno, discendenti italiani, e con la pratica assolta: «Io ho discendenze italiane. Sapevo di poter ottenere la cittadinanza, ma avevo bisogno di reperire tutti i documenti necessari. Con mia moglie abbiamo allora deciso di vendere tutto quello che avevamo in Argentina, trasferirci n Italia e avviare la pratica. Sono arrivato per primo, ho trovato casa, ho chiesto il primo permesso di soggiorno e la residenza ed ho iniziato l’istruttoria. Il percorso è stato lungo: ci sono voluti 9 mesi. Ho chiesto il ricongiungimento familiare con mia moglie che mi ha raggiunto e che, sebbene anche lei di origini italiane, ha deciso di seguire un percorso diverso dal mio, collegato al nostro stato di famiglia. Siamo decisi a restare in Italia, dove oggi lavoriamo, stiamo ricostruendo la nostra vita e dove io ho un buon contratto di lavoro».
«Un privilegio per pochi»
Già, perché la questione lavoro non è secondaria. Me la spiega Juan, stesso percorso e stesse prospettive di Mario: «Sono venuto in Italia a reperire i documenti necessari. Ho fatto permesso si soggiorno e residenza, ma non sapevo che in questa condizione formalmente non potevo lavorare. Ho dovuto farlo a nero. Il che mi ha fatto pensare che la possibilità di acquisire la cittadinanza italiani sia quasi un privilegio che può permettersi solo chi ha dei soldi da parte da investire».
2500 euro per la “pratica”
Questo quello che accade in superficie. Più sotto si cela un mondo di intermediari che, fiutato il business, si ci sono lanciati. A confermarlo è Mario: «Arrivato in Italia sono stato indirizzato a una ragazza argentina che mi ha accolto, mi ha aiutato a trovare casa e mi ha portato al Comune illustrandomi pratiche e procedure. Le ho pagato 2.500 euro senza fattura a cui ho dovuto aggiungere i contributi e le tasse previsti per il disbrigo della pratica. All’inizio pensavo fosse un prezzo di mercato, poi ho capito che si trattava di una somma molto rilevante».
Instagram pullula di pagine eloquenti: tutte contengono indicazioni del tipo “Realiza tu sueno italiano”, “Tu ciudadania italiana de forma segura rapida y personalizada” e simili che contano migliaia o decine di migliaia di follower e raccolgono video e testimonianze di chi ha già usufruito dei loro servizi di facilitazione. Sulle pagine di alcune di queste vengono inserite partita iva e certificato ATECO; per altri questi dati non sono disponibili e, come raccontato da Mario, si tratta di servizi offerti al limite della legalità. Risvolti che andrebbero approfonditi, così come dovrebbero esserlo eventuali relazioni tra intermediari e addetti degli uffici comunali.
Resta comunque un dato: la presenza di una seconda Italia oriunda all’estero rappresenta un elemento che deve fare riflettere e su cui, in ogni caso, si è poco lavorato. Trattarla come una minaccia o come un’opportunità dipende (anche) da come il nostro Paese si immagina nel futuro.