VIDEO | È arrivata in Italia dopo essere fuggita dal Venezuela. Il suo compagno l'ha abbandonata al terzo mese di gravidanza. L'incontro con l'associazione "Teniamoci per mano" di Praia a Mare le ha cambiato la vita
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Maria ha 43 anni e gli occhi di chi nella vita ne ha passate tante, ma finalmente pieni di speranza. Ci attende nella sede praiese dell'associazione per ragazzi disabili "Teniamoci per mano", dove siamo già stati tante volte e dove lei, da qualche giorno, dà una mano nelle faccende quotidiane.
Tiene stretto a sé un bimbo di 30 giorni, o giù di lì, che dorme beato tra le braccia di sua madre e il nostro arrivo, tra risate e urla, non lo disturba nemmeno un po'. Maria, che è un nome di fantasia, ha voluto incontrarci per raccontare la sua storia e dare coraggio a tante donne che hanno vissuto il suo stesso dramma, per convincerle che c'è un futuro anche per loro.
Maria è stata lasciata dal suo compagno a tre mesi di gravidanza, è rimasta sola, senza soldi e senza casa, ha toccato la disperazione con mano credendo di non farcela, ma poi, grazie all'incontro con i suoi angeli, è rinata ed oggi è una mamma felice e appagata: «Mio figlio - ci dice - è la cosa più bella che mi poteva capitare».
La fuga e la speranza di una nuova vita
Maria arriva in Italia a gennaio del 2018. Ha lasciato il Venezuela, piegato dal regime dittatoriale di Maduro, per pagare le medicine di sua madre, ormai anziana e malata.
Trova subito un lavoro e un compagno, anch'egli venezuelano, e cominciano una relazione. Le cose vanno bene, vanno a convivere e dividono le spese. Ormai sono una famiglia. Progettano una vita insieme ma senza figli, perché Maria, hanno detto i dottori, non potrà mai avere un bambino. Invece, a 42 anni, la donna resta incinta.
È stordita, non se lo aspettava, ma felice, non vede l'ora di dirlo al futuro papà, il quale, invece, saputa la notizia scappa via a gambe levate. Maria è sola, le manca sua madre e nel frattempo viene a mancare sua nonna, un pezzo del suo cuore, senza che possa darle l'ultimo saluto. Non ha più un lavoro, né soldi né casa. È sola al mondo e l'unica ragione di vita è la creatura che porta in grembo, ma tanto basta per trovare la forza di chiedere aiuto.
L'incontro con Franca e don Marco
Se sei a Praia a Mare e chiedi aiuto, il minimo che ti possa capitare è imbatterti in Franca Parise, da dieci anni alla guida dell'associazione "Teniamoci per Mano", centro di eccellenza che segue e supporta le attività dei ragazzi con disabilità più o meno gravi, nonché ideatrice del singolare progetto "Dopo di noi".
Ma da qui sono passati tutti, dai senzatetto alle ragazze madri, da chi aveva bisogno di cure a chi ha si è rifugiato dalla violenza domestica. Per ognuno di loro, Franca e la sua squadra hanno sempre trovato una soluzione. Così quando Maria ha bussato alla sua porta, la Parise, temporaneamente in ferie forzate per Covid, ha chiesto e ottenuto l'intervento del giovane don Marco Avenà, responsabile del dormitorio "La Casa di Rut", realizzato con i fondi della Caritas e inaugurato soltanto pochi mesi fa.
Il giovane sacerdote offre quindi ospitalità alla futura mamma, prepara una cameretta per lei e il piccolo e, grazie alle donazioni e alla generosità di tante persone, procura tutto l'occorrente, dalla carrozzina ai pannolini, dalle tutine alla culla. Qui, maria e suo figlio sono rimasti per più di un mese. «Non posso dimenticare quello hanno fatto don Marco e i volontari della Casa di Rut, sono la mia famiglia. Senza di loro non so come avrei fatto».
Sistemazione trovata
Passata l'emergenza Covid, Franca Parise riapre le porte del suo centro e chiede a Maria di darle una mano con i ragazzi dell'associazione. Lei rifà i bagagli e si stabilisce in una delle stanze della struttura, che per ora è la sua nuova casa, accolta con gioia ed entusiasmo dagli altri inquilini.
«Sono venuta qui con la speranza nel cuore - dice -, ma non immaginavo di ricevere così tanto amore incondizionato da questi ragazzi. Il loro cuore è puro e mio figlio vive in assoluta tranquillità». E intanto per il piccolo, si scatena una vera e propria gara di solidarietà, grazie alla quale il futuro ora sembra meno grigio.
«Un figlio è una benedizione»
Sono tante le donne che ogni giorno vengono lasciate dai proprio compagni perché incinte. Ed è a loro che Maria vuole rivolgere un messaggio: «Ci sono momenti in cui ti sembra di impazzire, non vedi la luce, ma se conservi la fede in Dio, se non ti lasci sopraffare dalla disperazione, tutti possono trovare la strada».
Il suo pensiero va a tutte quelle donne che si sentono costrette ad abortire per la paura di non riuscire a dare un futuro al proprio figlio. «Se amate il vostro bambino, andate avanti. Tenerlo tra le proprie braccia, poter guardare il suo viso, è una benedizione. Solo pochi mesi fa mi era crollato il mondo addosso, oggi invece non me la immagino più la mia vita senza di lui. Diventare mamma è una felicità che a parole non si può descrivere».
E mentre lo dice, stringe più forte il bimbo, mentre accarezza i suoi minuscoli piedini.