Le imbarcazioni, impegnate in una battuta di pesca, furono travolte dalla furia del mare. Un solo uomo riuscì a sopravvivere. Alla cerimonia presenti le autorità civili e religiose
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Sono trascorsi 50 anni dalla tragedia che coinvolse i 12 pescatori che persero la vita il 31 dicembre del 1974 sulla costa jonica tra Sibari e Schiavonea. Una manifestazione, a mezzo secolo di distanza da quell'evento che commosse l'Italia, li ha ricordati a Cassano allo Ionio, per la prima volta, su proposta del sindaco Giovanni Papasso.
La strage dei pescatori
Francesco, Rocco, Nicola, Carlo, Angelo e Cosimo tutti appartenenti alla famiglia Celi e Stefano, Luciano, Salvatore, Antonio, Marino e Giuseppe della famiglia Curatolo, tutti di Schiavonea, erano andati per mare il 30 dicembre con l'auspicio di fare una buona battuta di pesca che speravano di rivendere per i cenoni di Capodanno in preparazione. I pescherecci, Nuova Sant'Angelo e Maria Santissima, avevano preso il largo prevedendo di fare ritorno il giorno dopo. Il tempo era buono e non lasciava presagire nessun tipo di inconveniente. All'alba del 31, mentre i due pescherecci stavano rientrando, il mare si era ingrossato a causa del vento che era aumentato nella notte. Un'onda, che aveva raggiunto forza 9, ribaltò il Nuovo Sant'Angelo scaraventando in acqua il suo equipaggio e frantumando e inghiottendo l'imbarcazione stessa. Del Maria Santissima, che si era diretta verso Policoro, e dei suoi uomini, si perse ogni traccia.
Unico superstite della tragedia fu Cosimo Marghella, nipote dei Curatolo, che era a bordo di una scialuppa. I dodici pescatori furono inghiottiti dalla furia del mare e persero la vita. Proprio i resti del Maria Santissima, che portava a bordo i pescatori della famiglia Curatolo, finirono sulle spiagge ricadenti tra i lidi dei Laghi di Sibari.
La cerimonia
Tante le autorità presenti: oltre al sindaco Giovanni Papasso e all'intera amministrazione comunale c'erano il sindaco di Corigliano-Rossano Flavio Stasi, il vescovo di Cassano e vicepresidente Cei monsignor Francesco Savino e i tantissimi familiari, colleghi e amici delle due famiglie che all'epoca vissero in prima persona la tragedia.
«Sono stato contattato da alcuni componenti della famiglia Curatolo - ha detto Papasso - scoprendo che la barca della famiglia Curatolo venne trovata proprio qui. Ci siamo messi subito a disposizione per restituire piena memoria a questo episodio perché fa parte anche della storia di Sibari. Il messaggio che oggi parte dalle spiagge di Sibari è per ricordare tutte le vittime del mare, le vittime delle famiglie Curatolo e Celi, ma più in generale tutte le vittime del lavoro in mare e quelle che partono e attraverso il mare vanno in cerca di una Terra promessa che non troveranno mai». Il sindaco Stasi ha sottolineato l'importanza di ricordare non solo la tragedia familiare, ma anche quella di lavoro e di comunità. «Basta parlare con i cittadini di Schiavonea - ha detto - per capire che cosa ha rappresentato quel 31 dicembre per un'intera comunità». Riflessione finale affidata alla preghiera di monsignor Savino che ha accompagnato la deposizione e la benedizione di una targa commemorativa nel luogo del ritrovamento «affinché quel luogo - è stato detto - dopo cinquant'anni, non sia più anonimo e sia simbolo di memoria storica».