«Svegliare le coscienze dormienti» per combattere lo strapotere delle cosche. Nino De Masi è uno di quelli che questo strapotere lo ha conosciuto da vicino. Imprenditore, da vittima della mafia è passato al contrattacco. Ha denunciato i suoi estortori e si è costituito parte civile nei processi. Adesso lo fa ancora una volta, lanciando un appello alle massime istituzioni a «venire tra la nostra gente, stare al nostro fianco, essere da stimolo ai calabresi che devono sentire la presenza dello Stato».

Nino De Masi il suo dovere l’ha fatto, tempo fa, con la scelta giusta che in una terra come la Calabria coincide con il coraggio. Ma la scelta giusta di una sola persona, o di pochi, non basta a cambiare le cose. Anzi. «L’essere considerato testimone di giustizia», dice, mi ha «portato alla solitudine, alla marginalizzazione, all’isolamento, al venire giudicato “infame”».

E così l’imprenditore della Piana di Gioia Tauro prende carta e penna e scrive a chi incarna quello Stato che lui chiama in causa, per mettere in atto una «rivoluzione sociale e morale» nel Paese: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il prefetto di Reggio Calabria Massimo Mariani, il procuratore Giovanni Bombardieri, il presidente della Commissione parlamentare antimafia Chiara Colosimo. «Tutti noi – afferma – abbiamo bisogno di vedere nello Stato il punto di riferimento, attraverso messaggi e atti positivi e concreti di cambiamento e speranza».

Non è la prima volta, a dire il vero, che Nino De Masi chiede alle istituzioni attenzione e vicinanza alla Calabria. E non si stanca di farlo perché in ballo c'è il futuro di questa terra. «La realtà quotidiana che emerge delle imponenti azioni della magistratura è di una situazione di controllo totale del territorio da parte delle organizzazioni criminali». I dati che riguardano la nostra regione sono impietosi, raccontano di «un territorio che si sta spopolando ed impoverendo sempre di più, dove entro pochi anni non ci saranno più giovani, costretti ad emigrare per cercare altrove una vita dignitosa».

La Calabria, avverte De Masi, «rischia di cadere definitivamente nel baratro della povertà economica, sociale oltre che dell’illegalità.Ma l’aspetto ancor più drammatico è che nella società calabrese vi è una devastazione sociale impressionante che ha generato un senso di rassegnazione ed apatia, si sono spente le luci della speranza, normalizzando una realtà drammatica».

Una realtà che isola chi invece cerca di fare la propria parte, di dare il proprio contributo all’auspicato e necessario cambiamento. «Sono stato più volte minacciato di morte e le cosche mafiose, come consuetudine, mi faranno pagare le conseguenze delle mie azioni e di ciò ne sono consapevole – scrive l’imprenditore –. I segnali che mi arrivano sono chiari, sono segnali di arroganza, di minacce e di violenza. So molto bene di essere un obbiettivo, di essere nel mirino dei loro “fucili”, ma mi sono sempre ritenuto un combattente e questa legittima paura non potrà portarmi a scappare o mettere la testa sotto la sabbia».

De Masi sottolinea di aver avuto sempre al suo fianco la Procura, il prefetto e le forze dell’ordine. Ma la repressione da sola non basta. «Il ruolo determinante è quello della società civile, che sino ad oggi è stata soggetto e spettatore passivo». La speranza sta dunque nei cittadini, nel loro diventare «attori di una riscossa sociale, di una rivoluzione che ha come obbiettivo quello di riprenderci il nostro diritto al futuro, alla speranza». 

Senza questo, avverte De Masi, a poco servono gli aiuti economici come il Pnrr. «Ci troviamo in una Regione, con una delle più potenti organizzazione criminali al mondo, con il maggior numero di comuni sciolti per infiltrazioni mafiose, con il maggior numero, in rapporto alla popolazione residente, di crimini violenti e reati economici, oltre che il maggior numero di imprese cessate rispetto alle nuove. Dove vi è il più alto tasso di disoccupazione e di inoccupazione. Siamo in un contesto in cui il sistema sanitario presenta il maggior numero di aziende sanitarie infiltrate, con debiti monstre inquantificati ed inquantificabili. Con il divario economico con il Nord in continua crescita. Siamo in un contesto in cui l’arrogante potere criminale arriva a minacciare le istituzioni (il caso dei recenti proiettili trovati davanti alla Procura di Reggio Calabria o le continue minacce al procuratore di Catanzaro). Una terra nella quale i diritti costituzionali primari sono inesistenti e nei casi come il mio i diritti alla vita, alla libertà individuale e di impresa vengono meno». 

E allora ecco la richiesta alle istituzioni, in coda a una lettera che gronda passione civile e amore per la propria terra. I rappresentanti delle istituzioni, dice De Masi, stiano tra la gente e diventino «i propulsori» del cambiamento. Perché, aggiunge in conclusione citando Corrado Alvaro, «la disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile».