Giulio, lo avevamo ribattezzato così, in realtà è Claudio, Claudio Carobbio, classe 1980, residente a Romano di Lombardia, in provincia di Bergamo. È l'uomo che da qualche tempo ha trovato rifugio nella grotta sottostante Torre Talao, simbolo della città di Scalea. La sua è una storia di abbandono e solitudine, di disagio sociale, di dipendenze e di guai giudiziari, che a soli 40 anni l'hanno costretto a prendere una decisione drastica: lasciarsi tutto alle spalle e vivere alla giornata, in strada, senza una meta. Da giugno scorso è arrivato nella città altotirrenica in sella alla sua inseparabile biciletta. Ma fino a un mese fa nessuno si era accorto della sua presenza. Poi la corda, per lui, si spezza per l'ennesima volta. Claudio, in preda a una crisi, sfascia la sala d'attesa della stazione. Prima l'arresto, poi il tso, e di nuovo il ritorno in città, in quella grotta fredda e gelida che al momento è tutto è il suo mondo. Noi siamo andati a cercarlo e ci siamo fatti raccontare la sua storia dal principio.

Le crisi violente

Claudio ci aspetta nei pressi di Torre Talao, sorride, nonostante tutto, ed è straordinariamente lucido, presente a se stesso. Anche lui sa che durerà poco. Quindici giorni fa si è recato alla stazione ferroviaria e ha distrutto ogni cosa. «Mi sentivo in pericolo - ci ha detto - ma non so perché, nessuno mi ha aggredito». L'alcool acutizza i suoi disturbi, diventa aggressivo e comincia a sentire voci, la vista di un passeggino per bambini abbandonato diventa la scusa per combattere un mostro che non esiste per difendere un bambino che non c'è. Claudio sfoga la sua rabbia sui vetri della sala d'attesa della stazione, poi, di botto, si calma. Sale con le sue gambe sull'ambulanza, ma il ricovero coatto dura una manciata di giorni. Il protocollo non prevede un percorso di riabilitazione e Claudio finisce di nuovo in strada. I medici gli hanno prescritto delle medicine ma lui non le può comprare. Passano tre giorni e lui ha un'altra crisi, si reca al Comune di Scalea e pretende delle bottiglie di vino, mentre si dimena a terra sull'asfalto.

L'occupazione della grotta

Quando Claudio è arrivato in città ha preso casa in affitto. Aveva ancora un gruzzoletto da parte, frutto di un'eredità, e fino a due mesi fa viveva una vita quasi normale. Poi i soldi finiscono e lui è costretto a lasciare l'abitazione e a mangiare alla Caritas di don Cono. Prima dorme in strada, poi monta la sua tenda da campeggio a casa Giacomo Perrone, un anziano del posto che i nostri lettori conoscono bene, anche lui affetto da disagio psichico, ma viene denunciato per violazione di domicilio. Così trova rifugio nella grotta di Torre Talao e viene notato da un gruppo di turisti in visita al monumento. I vigili sgomberano la grotta, che è un bene pubblico, e lui finisce in caserma. Ma lui esce e torna lì, dove rimane fino al tso.

La sua vecchia vita

Quando i medici lo dimettono, torna alla grotta per la terza volta. Ma lì dentro l'aria è gelida e non ci sono porte. Non c'è nemmeno un bagno. La sua vita non è per niente facile. A gravare sulla sua precaria salute mentale c'è anche la morte di sua madre e una famiglia che da tempo non riesce più a stragli dietro. Ma come ci è finito a vivere in strada? Claudio, a detta sua, aveva un lavoro stabile e una fidanzata, poi è rimasto coinvolto in un giro di droga insieme a un amico di cui si fidava.

Perde il lavoro e pure la fidanzata. Il suo cervello va in tilt e finisce in cura. Dopo più di un anno decide di percorrere l'Italia in bici, decisione a cui sono favorevoli anche i medici. Si ferma a Scalea, prende casa e cerca un lavoro ma non lo trova, perché il suo passato è più forte della sua voglia di ricominciare. I guai giudiziari gli impediscono anche di accedere al reddito di cittadinanza. Il futuro traballa e Claudio torna a sentire le voci. L'alcool è il suo unico modo di lenire il dolore che ha dentro.

Situazione delicata

Come se non bastasse, nemmeno la burocrazia lo aiuta. Claudio non è cittadino scaleoto e il Comune più che segnalare la questione all'Asp di Cosenza, può fare ben poco. Dal canto suo, anche l'Asp ha in qualche modo le mani legate. In queste ore, anche a seguito dei nostri servizi, si sta cercando di prendere contatti con il suo Comune di residenza, ma anche questo servirebbe a poco. Claudio ha un disagio riconosciuto che non gli consente di prendersi cura di se stesso come dovrebbe, ma i suoi problemi di salute non sono abbastanza gravi, secondo lo Stato italiano, per poter essere preso in carico da una struttura adeguata. Per Claudio il destino è un copione già scritto. Così prova a renderlo meno beffardo dormendo in una grotta e quando vuole, nel pieno della notte, può uscire a guardare il mare al chiaro di luna o le stelle. Almeno per qualche altro giorno.