Laura, una giovane madre di Scalea, è disperata. Ad ottobre prossimo dovrà lasciare la casa dove vive in fitto insieme al suo compagno e ai suoi bimbi, di cui uno molto malato, e se non trova un'altra sistemazione si ritroveranno letteralmente in mezzo alla strada. Nell'aprile scorso, i proprietari dell'immobile hanno aperto una procedura di sfratto per morosità nei loro confronti.

Il prossimo ottobre il giudice sarà chiamato a decidere sulla vicenda e quasi certamente gli occupanti dovranno andare via. Laura e il suo compagno da nove mesi hanno interrotto i pagamenti, senza più corrispondere neppure un euro, e non hanno potuto far fronte nemmeno alla richiesta di pagare gli arretrati, almeno in parte, per evitare lo sfratto. 

«Non possiamo pagare, uno dei nostri figli ha una malattia degenerativa che ci costringe a cure costosissime - dice Laura (nome di fantasia) alla nostra redazione -. Avevamo chiesto aiuto al Comune e non abbiamo ottenuto risposta. Siamo in graduatoria per l'assegnazione delle case popolari ma ancora non abbiamo notizie. Non sappiamo più che raccontare ai nostri figli e come proteggerli».

La drammatica storia

Ma come si è arrivati a questo punto? Perché questa giovane coppia all'improvviso ha smesso di pagare il fitto? Riavvolgiamo il nastro. Laura e il suo compagno si amano e decidono di metter su famiglia. Trovano una casa a Scalea, che diventa il loro nido d'amore. Nascono i bimbi, sembra andare tutto per il meglio, e invece quando uno dei loro figli ha poco più di un anno deve essere operato d'urgenza. Si salva ma deve essere sottoposto a continui controlli nella capitale perché il quadro clinico potrebbe peggiorare da un momento all'altro e la Calabria non offre cure adeguate. Nonostante ciò, man mano che passano i giorni, l'angoscia lascia il posto alla speranza. 

La sua mamma continua ad occuparsi di lui e dei suoi fratelli con dedizione, il papà continua a lavorare senza sosta per non far mancare loro niente. Sembra essere tornato il sereno. Poi, però, arriva la pandemia e si sparigliano di nuovo le carte. Il papà lavora alla giornata e il piccolo comincia ad aver bisogno di maggiori controlli. Il genitore deve accompagnarlo spesso a Roma e anche quando c'è il lavoro da svolgere, deve rinunciarvi.

L'indennità mensile di frequenza che il piccolo percepisce da ottobre a giugno per l'invalidità, ammonta a poche centinaia di euro e la somma, circa 300 euro, a volte non basta nemmeno per pagare la benzina. Con le altre entrate si tenta di garantire a tutti i figli un'infanzia "normale". Ma soldi bastano appena per la spesa e a dicembre la famiglia smette di pagare il fitto di casa.

L'angoscia e l'indifferenza

Laura capisce che non c'è soluzione e si rivolge al Comune di Scalea, chiede aiuto, ma non ottiene risposta. Non sono i soldi quello che cerca la sua famiglia, ma il riconoscimento di un diritto. Tempo fa la coppia aveva fatto domanda per l'assegnazione delle case popolari ed era stata ammessa in graduatoria, precisamente nella seconda. Ma nella città di Torre Talao l'assegnazione delle case popolari è un problema che si trascina da tempo e al momento, dopo anni di battaglie dei beneficiari, è ancora in corso la sistemazione delle prime quattro o cinque famiglie della prima graduatoria, anche per una questione di disponibilità degli immobili. Laura vede tutto buio. Sente un peso al petto e spesso piange di nascosto, poi deve sforzarsi di sorridere e fingere che tutto vada bene. Anche se ci fosse la possibilità, non vorrebbe più rimanere in quel posto, per tanti motivi.

L'appello

Laura è rassegnata. Sa che l'alloggio popolare a lei destinato è ancora un miraggio e trovare una nuova casa a un affitto ragionevole, a Scalea è impresa ardua. Così, dopo aver provato invano a chiedere aiuto alle istituzioni, si rivolge alla stampa per lanciare un appello: «Io e il mio compagno vogliamo ricominciare da capo, cerchiamo una casa che possa ospitare la nostra numerosa famiglia, ma possiamo pagare 200, massimo 250 euro al mese, senza anticipo. La casa non deve essere umida, perché nuocerebbe ancora di più ai problemi di salute di nostro figlio. Vi prego, non lasciateci soli».

Mentre Laura parla al telefono con la voce spezzata dalla rabbia, ma sottovoce, si sentono in lontananza le risate spensierate dei suoi bimbi, che ancora non sanno quello che potrebbero dover affrontare da qui a qualche settimana. A meno che non ci sia qualcuno disposto ad aiutarli.