La ministra-imprenditrice che predica la meritocrazia si rivolgeva al Marafona della contraffazione sulle spiagge della Versilia. Immagine triste: anche il lusso diventa farsa
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C’è un’immagine che stride più di tutte: Daniela Santanchè, la ministra-imprenditrice che predica il made in Italy e il successo meritocratico, accucciata sotto una tenda in Versilia a fare affari con un vucumprà. Non per beneficenza, né per sostegno all’economia sommersa, ma per comprare borse false. E non una tantum: «Le prende sempre» racconta senza filtri Maradona, il re della contraffazione sulle spiagge toscane.
La ministra del lusso patinato, quella che si vanta del suo fiuto imprenditoriale, si rifornisce di Hermès tarocche a 350 euro al pezzo. E non finisce qui: le regala anche, come racconta Francesca Pascale, ex di Berlusconi, che solo dopo scopre l’amara verità. «Veniva ad Arcore, voleva coccolarmi», dice Pascale.
Ma che coccola è un falso da bancarella? La storia è un capolavoro di ipocrisia. La stessa destra che urla contro l’abusivismo e la concorrenza sleale, qui si scopre cliente fissa del mercato nero. La stessa Santanchè che sfila tra jet set e circoli esclusivi, in realtà si concede il brivido del lusso contraffatto. Se fosse una storia di Totò e Peppino, farebbe ridere. Ma è la politica italiana, quindi fa solo rabbia.
Forse, il punto non è neanche più l’ennesima caduta di stile della ministra. Il problema è che Santanchè non è un’eccezione: è il simbolo perfetto di una classe dirigente che vende fumo e compra falsi. E mentre gli italiani fanno i conti con il caro vita, lei si cuce addosso l’ennesima farsa. Questa volta, però, firmata Versilia.