Un pugno di coraggiosi cittadini ha organizzato un sit-in per chiedere più servizi e ottenendo giovedì un incontro con l'Asp
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Porta il nome di un papa ma è di un santo in Paradiso che avrebbe bisogno l’ospedale “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme. Eppure non servirebbe scomodare il comparto "miracoli&Co.", basterebbe un’azione politica e organizzativa mirata (che dovrebbe essere il minimo sindacale) e soprattutto, buona volontà.
Gli ultimi templari a difesa della salute: i cittadini
Ma gli unici dotati di questa virtù sembrano essere solo i cittadini dei comitati che, completamente da soli, come ultimi templari a difesa del Graal (la salute), stanno tentando di mantenere viva l'attenzione sul nosocomio dimenticato da tutti, una volta fiore all’occhiello della Piana. Le liste d’attesa sono lunghissime ed estenuanti, i macchinari insufficienti, i medici e gli infermieri si contano sulla punta delle dita.
Le telecamere di “Dentro la Notizia” sono tornate oggi, di nuovo, a Lamezia per dare man forte al cuore di una città che non vuole morire. La voce del popolo è voce di Dio, così si dice. «Questo non è più neanche un ospedale – sbotta una signora intervistata da Pasquale Motta, che rivolgendosi ai suoi concittadini si sfoga così -. Ma insomma dove siete tutti? Qui ci stanno facendo morire, non si fanno le lotte sui social, si fanno qui di persona».
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Lo strano caso di una sanità a singhiozzo passa anche da situazioni paradossali. Un signore racconta che dopo due mesi il suo referto non era ancora pronto. «Sono andato lì, in ospedale, e ho alzato la voce e in mezz’ora avevo il referto. Insomma, com’è che funziona? Bisogna battere i pugni?»
E a pagare le conseguenze sono anche i bambini, assistiti nei reparti pediatrici. Insomma un disastro, di più, una tragedia, che costringe le persone a mettere le mani nel portafoglio pur di curarsi. Insomma la salute, in Calabria, è sempre più malata. Non bastano i ritocchi, gli innesti, le promesse e i primi interventi (leggi medici cubani) se poi ci sono intere città che restano con i piedi freddi perché questa coperta è sempre più corta.
Uno spiraglio di luce
Eppure a furia di protestare, qualcosa, stamattina, è cambiato. L’attivista Oscar Branca è stato contattato dall’Asp che ha convocato una rappresentanza dei comitati per giovedì.
«I punti critici sono il Pronto soccorso, le carenze di personale, la richiesta di una seconda Tac e l’attivazione dell’emodinamica. Prima del sit-in dall’Asp ci hanno invitato a partecipare a una riunione anticipando che, a breve, la seconda Tac sarà attivata e che è stata espletata una gara anche per l’acquisto di un software per la risonanza magnetica cardiaca, pratica ferma da mesi»,
Dove non è arrivata la politica, è arrivato l’impegno civico. Ma l’assenza di chi qui ha preso voti, ha stretto mani, ha stampato il proprio volto sorridente su slogan elettorali, fa male. Dai “santini” in giacca e cravatta e filtri-bellezza, alla latitanza dai luoghi di battaglia, il passo è stato brevissimo. Il tempo di un’elezione e tutti gli impegni sono evaporati come acqua calda. E stamattina a difendere il diritto alla salute c’erano solo persone semplici che per essere lì, con i cartelli in mano, hanno preso un permesso dal lavoro.
«Non siamo mica gli americani»
L’attivista Igor Colombo, il futuro lo vede scuro, specie se i suoi timori, sull’evoluzione della sanità italiana saranno fondati. «Quello che sta accadendo a Lamezia è in corso anche in altre parti d’Italia. Il problema è che ci si sta ispirando sempre più alla sanità americana: le cure vengono dirottate sempre più verso il settore privato. Durante il periodo del Covid sono nate le prime assicurazioni sanitarie private e a Brescia, addirittura, il primo pronto Soccorso a pagamento». Insomma, un incubo che ha cominciato a metter radici con quella che Colombo chiama «una tangente legalizzata»: la legge che riguarda le cure intramoenia. «Se paghi hai i servizi che ti servono immediatamente, eppure parliamo della stessa struttura, dello stesso personale, degli stessi macchinari che a prenotarli come cittadino che si rivolge alla struttura pubblica, non hanno la stessa disponibilità temporale». E la rabbia per l'assenza di rappresentanti eletti, inizia a esondare come un fiume in piena.
Politici latitanti
«Qui avevamo ospedali che erano un’eccellenza e che sono stati smantellati. La nascita dell’azienda Dulbecco peggiorerà la situazione. Io mi chiedo, i nostri politici dove sono? Dov’è Amalia Bruni? Dov’è Raso? I nostri rappresentanti sono assenti. Alla vigilia delle elezioni 2019 lanciai una proposta: pensare a una nuova provincia e magari fare una Asp Lamezia-Vibo, così potremmo avere il numero di abitanti necessario per avere qui un hub, ma chi deve portare avanti istanze come queste se non i nostri politici?»
Mimmo Gianturco, vicepresidente della commissione Sanità del comune di Lamezia, è una voce contro. Anche se riveste un incarico pubblico, non lesina critiche ai suoi colleghi. «Qui paghiamo lo scotto di non avere rappresentanza istituzionale autorevole e quindi non veniamo ascoltati. Il sindaco di Lamezia, che è la massima autorità in materia di salute, non è partecipe di queste istanze. Se non c’è nessuno di peso che prende le nostre richieste e le sbatte sui tavoli che contano, come potremmo mai essere ascoltati?»