Se fosse una giornata normale, Matteo Salvini si troverebbe al solito: tweet, video in diretta, un selfie con una bella fetta di panettone artigianale e uno con la cioccolata calda, poi via con gli impegni. Ma oggi, il destino ha deciso di farlo protagonista di una personalissima versione di Fantozzi al governo. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha ricevuto più ceffoni in dodici ore che in un’intera carriera politica, al punto che sembra quasi che tutti abbiano deciso di fargliela pagare nello stesso giorno. Un vero nubifragio di brutte notizie per il prode vice primo ministro, che oggi si è trovato al centro di una tempesta perfetta di sberle giudiziarie, politiche e mediatiche da far impallidire un protagonista di commedia anni ’70. Mancava solo il secchio d’acqua in testa e un cane che gli morde la gamba per completare il quadro.

La giornata nera del leader leghista si apre con il verdetto del Tar del Lazio, che blocca l’ordinanza firmata dallo stesso Salvini per ridurre lo sciopero dei trasporti di domani, 13 dicembre, a sole quattro ore. Una decisione presa senza troppi complimenti: secondo il Tribunale amministrativo, lo sciopero deve fare il suo corso, disagi inclusi. Perché sì, lo sciopero è proprio quella cosa che causa disagi, e cercare di limitarlo senza una giustificazione straordinaria è un po’ come voler togliere le spine dalle rose perché pungono.

Con un decreto monocratico, il Tribunale ha accolto il ricorso dell’Unione Sindacale di Base (Usb) e sospeso l’ordinanza ministeriale. La motivazione? Salvini non può decidere di “precettare” senza che ci siano ragioni urgenti e straordinarie. Il Tar, con la grazia di un insegnante severo ma giusto, ricorda al ministro che i problemi causati dallo sciopero sono “fisiologici” e non necessitano di interventi draconiani. Insomma, la prossima volta, meglio pensarci due volte prima di mettere mano alla penna per fermare quello che è un sacrosanto diritto di sindacati e lavoratori.

Non passa nemmeno un’ora e arriva il secondo ceffone: la Cassazione ha pensato bene di aggiungere il suo contributo alla giornata di fuoco del ministro, dando il via libera al referendum per l’abrogazione totale dell’autonomia differenziata, uno dei cavalli di battaglia storici della Lega. Sì, proprio quella riforma che Salvini ha sventolato come una bandiera, quella che doveva essere la riforma simbolo del Nord operoso e indipendente finisce in balia delle urne e sarà il popolo a decidere se tagliarla fuori dai giochi. E quando il popolo entra in campo, le cose si complicano. Non bastava la Corte Costituzionale che aveva già fatto a pezzi il testo lo scorso mese. Ora arriva la Cassazione a piazzare un sigillo di legittimità sul referendum. Un colpo basso per il leader leghista, che di certo non aveva immaginato questo finale per la sua “grande riforma”. Gli avversari politici intanto brindano, mentre Salvini si ritrova a guardare il suo progetto di autonomia sfaldarsi pezzo per pezzo, come un castello di sabbia sotto un’onda del mare.

Ma non è finita qui. A peggiorare le cose, arriva la notizia che la Corte di Palermo ha confermato che la sentenza sul caso – in cui l’ex ministro è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio – arriverà prima della fine dell’anno. Niente brindisi tranquilli con il panettone, quindi, ma un Natale con la toga per il leader leghista, che dovrà affrontare le gravissime accuse per aver bloccato nel 2019 lo sbarco di 147 migranti a bordo della nave ONG spagnola. La vicenda, che ha già fatto il giro del mondo, rischia di trasformarsi in un simbolo non solo della sua politica migratoria, ma anche delle sue battaglie giudiziarie. E, diciamocelo, non è proprio il tipo di simbolo che vuoi vedere appeso all’albero di Natale.

E proprio quando pensi che la giornata non possa andare peggio, arriva Pier Silvio Berlusconi a tirare l’ultimo colpo, quello che manda K.O. Durante la conferenza stampa natalizia con i giornalisti, l’amministratore delegato di Mediaset ha deciso di regalare a Capitan Matteo un momento da ricordare: ha definito la sua proposta di abbassare il canone Rai una “proposta strampalata”. «Salvini mi sta simpatico, ma la politica è la politica, e questa sembra solo propaganda», ha commentato con un sorriso che più ironico non si può. Non contento, Pier Silvio ha aggiunto che indebolire la Rai significa indebolire l’intero sistema editoriale italiano, mandando un messaggio chiaro: caro Matteo, noi di Mediaset abbiamo pazienza, ma tu stai giocando con il fuoco.

Una chiusura col botto, quindi, e un altro sberlone. A fine giornata, chiuso nel suo ufficio, Matteo Salvini deve essersi sentito come il protagonista di una di quelle commedie in cui il malcapitato viene preso a schiaffi da chiunque incontri. Tar, Cassazione, giudici di Palermo, Pier Silvio: non manca nessuno all’appello. E mentre i suoi avversari gongolano, il ministro incassa con il sorriso (ma chissà cosa avrà pensato davvero). Tra sentenze, referendum e battute al vetriolo, la giornata nera di Salvini è destinata a diventare un caso di scuola: mai far arrabbiare troppa gente contemporaneamente. Chissà, forse domani andrà meglio. Forse.