«Il salto di specie? Potrebbe anche accadere e ciò indicherebbe che abbiamo perso il controllo. Stiamo parlando di virus, quindi le mutazioni potrebbero verificarsi. Ma per il momento la peste suina africana non crea alcun problema all’uomo».

Il direttore sanitario dell’Asp di Cosenza, Martino Rizzo, con un passato da dirigente del Dipartimento igiene e sanità pubblica, proprio nel momento storico peggiore dell’umanità degli ultimi secoli, le ondate pandemiche da Covid-19, smorza le preoccupazioni.

Da esperto della materia non sembra molto preoccupato, per due ordini di motivi: il contenimento della zona rossa istituita nella Reggino e il sistema di alert predisposto in provincia di Cosenza, territorio in cui, al momento, «non è stato ancora individuato alcun caso».

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Pronti a ogni evenienza

«Abbiano subito attivato un sistema di allerta e siamo pronti alle evenienze – racconta Rizzo a LacNews24 – con veterinari reperibili 24 ore al giorno, sette giorni su sette. Importante sarà la fase dell’accertamento precoce dei casi, per poter intervenire tempestivamente. È questo il primo fronte contro la peste suina che viene prevalentemente diffusa dai cinghiali. Il problema è la tutela del patrimonio zootecnico suinicoli da proteggere con tutta una serie di misure, per evitare la diffusione negli allevamenti e in altre regioni. La peste suina si abbatte, quindi, economicamente sugli allevatori che subiscono il blocco delle esportazioni».

Martino Rizzo conferma che non vi è alcun problema per l’uomo «perché il virus non si trasmette con gli alimenti e, dunque, il pericolo è solo per la famiglia dei suini, maiali e cinghiali». Così come non vi è alcun rischio di “spillover”, il salto di specie da quella suinicole ad altre o, addirittura, all’uomo.

«Il virus della peste suina resiste sia al calore che all'essiccamento nei salumi e rimane vitale nell'ambiente esterno per molti giorni, ma oltre a provocare ingenti perdite a carico del settore zootecnico suinicolo per morte degli animali o abbattimento degli allevamenti in cui viene riscontrato il focolaio, non ci sono altri problemi. I virus, nella fase di massima diffusione si evolvono e tendono a variare, quindi nel peggiore dei casi, una eventuale variante che colpisce l’uomo teoricamente potrebbe mutare, ma questo accade – sottolinea il direttore sanitario dell’Asp di Cosenza – se l’epidemia non si controlla. Attuando le misure di contenimento non si corrono grossi problemi. L’auspicio è che la zona rossa possa essere servita a contenere la diffusione: noi siamo pronti, ma prima o poi arriverà comunque anche in provincia di Cosenza».

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«I primi casi in Italia risalgono al gennaio 2022 in Piemonte, poi diffusi in altre Regioni, ed oggi anche in Calabria. La malattia viene trasmessa da maiali e cinghiali che pascolano all'aperto, con l'ingestione di alimenti e scarti di cucina contenenti carne infetta, o con contatti con oggetti contaminati come indumenti, veicoli, altre attrezzature» conclude il direttore sanitario dell’Asp di Cosenza. Le Asp ed i servizi veterinari calabresi «sono in allerta nel tentativo di bloccare la diffusione di questa malattia».