Si è appoggiata al muro perché la spesa è troppo pesante. Per raggiungere la fermata dell'autobus ancora c'è un lungo tratto di marciapiede. Meglio riposare per qualche attimo anche perché, prima di arrivare qui, qualche mattonella saltata ha reso il tragitto ancora più insidioso e difficile. La signora ha quasi raggiunto gli ottant'anni e vive nella periferia reggina. Non vuole dire il suo nome ma è disponibile a raccontare qualcosa della sua storia. Ha voglia di parlare. Vive da sola da quando suo marito è morto. Gli anni forse non sono tanti, ma il tempo della solitudine certamente lo è.

Lo testimonia la mano che solleva all'altezza del viso e che sventola per indicare che quel tempo non si conta. Al di là del calendario, esso è già tanto comunque. Non ha figli. Il suo mondo era suo marito e adesso lo è diventato la sua casa, dove con lui ha vissuto per oltre cinquant'anni. Una casa che non intende lasciare anche se adesso la solitudine non pesa soltanto sull'anima ma anche sul corpo. La sua autonomia fa i conti con gli acciacchi e la fatica è compagna di ogni gesto quotidiano anche quello più necessario alla sopravvivenza come fare la spesa. Ma lei non intende rinunciare a uscire e a sentirsi autonoma. 

La casa, luogo del cuore nel quale restare 

Inoltre non si discute: «Torno a casa. Voglio sempre tornare a casa», dice con ferma tenerezza mentre si avvia alla fermata. Il suo autobus sta arrivando.  Resta la sua casa, l'ancora, il solido attracco a una vita che si sta esaurendo e a un amore che invece ancora infonde forza.

Di situazioni come queste ce ne sono tante e quello che certamente colpisce è la tenacia con la quale, pur accettando che il tempo passi e che si invecchi, pur rassegnandosi al distacco dalle persone care, non si acconsente alla separazione dalla propria casa.

Lo stesso sentimento lo ha espresso Caterina, che di anni ne ha 82 e che ha conosciuto il distacco doloroso dal marito, da un figlio e dalla sorella, che con lei viveva. Accanto a lei oggi ci sono l'altro figlio e la sua famiglia. Lei, pur vivendo sola, è circondata dall'affetto della sua famiglia di sangue e da quella di fatto, quale è diventata quella del suo condominio. Gli acciacchi si fanno sentire ma lei non demorde e presto tornerà anche a prestare volontariato.  «Anche quando mi è stato proposto di non vivere più da sola, la mia risposta è stata categorica: "Le persone anziane non si sradicano dalla loro casa"», ha detto.

La casa, luogo della solitudine 

La casa dunque diventa un rifugio del cuore oltre che del corpo. Ma a volte può diventare anche il luogo nel quale si resta intrappolati. Accade quando uscire è troppo faticoso e forse quella fatica non è solo del corpo. «Ricordo una vigilia di Natale di tanti anni fa. I carabinieri ci chiamarono per segnalarci la condizione di una signora che colta dalla disperazione si era rivolta a loro. Era da sola e non aveva cibo», racconta una volontaria della Caritas.

«Io e mio marito abbiamo lasciato la tavola imbandita a festa. Abbiamo preparato delle pietanze da portarle e siamo andati da lei. Abbiamo abbracciato la disperazione di una vedova con un figlio lontano per lavoro e uno vicino ma assente. Con seri problemi di dipendenza, egli si recava da lei solo per chiedere del denaro. Denaro che lei centellinava vivendo con una pensione di reversibilità. Abbiamo continuato ad aiutarla fino a quando qualche anno fa si è spenta», racconta ancora la volontaria della Caritas.  

Figli lontani da casa

Le situazioni sono tante, perché ogni esistenza ha una storia a sé. Forse un tempo le famiglie si potevano permettere di restare più unite e vicine, specie quando i genitori invecchiavano. Certamente gli ultimi decenni hanno registrato una emorragia di giovani, andati via per studiare senza più tornare. Così i genitori intanto invecchiano mentre i figli sono ormai lontani. Una vita altrove nella quale anche i figli avuti a loro volta non sono coccolati dai nonni e viceversa.  

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Figli all'estero

La distanze possono essere anche considerevoli viste le mete estere verso le quali i giovani tendono anche ad emigrare. Il fenomeno è stato documentato anche dalla ricerca del Centro studi ImpresaLavoro secondo la quale la Calabria, con lo 0,82%, è la quinta regione in Italia e la prima del Sud per numero di giovani di età compresa tra i 18 e i 39 anni che, dal 2016 al 2020, hanno lasciato l’Italia per l'estero.

Ci sono i genitori che raggiungono i figli fuori ma sono in tanti a non avere questa possibilità o a scegliere di non lasciare il luogo in cui si hanno radici.  Forte si rivela il legame con la propria casa e l'attaccamento a una dimensione che non è meramente geografica. Alcuni luoghi restano del cuore e non sono riproducibili altrove. 

Lontano da casa, in strada

Altro segno dei tempi è rappresentato dalla presenza di persone giunte da lontano e che qui, dopo una vita di lavori pesanti che mettono il corpo a dura prova, invecchiano presto. Quando l'integrazione è stata precaria, l'esito di questo percorso può essere quello di Hassan. Dopo decenni di lavori pesanti in nero adesso, con 58 anni che pesano più di cento, non riesce più a fare quello che faceva prima per sopravvivere. Sparita l'entrata economica è sparita anche la casa. Adesso vive in strada. La sua vecchiaia è segnata da una solitudine che non è fatta di bei ricordi.

«Resto qui dove sono arrivato dal Marocco oltre trent'anni fa. Cercavo una vita migliore e ho trovato fatica. I miei amici sono tutti emigrati anche all'estero. Io sono rimasto qui e adesso mi preoccupo solo di mangiare tutti i giorni. Sono diabetico e devo assumere insulina», racconta Hassan mentre le sue mani si stringono l'una all'altra in un pugno di disperazione e i suoi occhi scuri sono stanchi e tristi.

Questa è la sua vecchiaia, arrivata prima del tempo e destinata a non essere alleviata se non dai sorrisi che ogni giorno incontra nelle persone volontarie che operano all'help center La casa di Lena di Reggio Calabria. Hassan da qualche tempo ha un problema ai piedi. Cammina con difficoltà ma non si ferma. I volontari gli hanno procurato un bastone. Così può continuare a muoversi e può tornare di nuovo alla Casa di Lena dove spesso fa colazione prima di ritornare sulla strada e affrontare una nuova giornata senza certezza alcuna. 

La popolazione anziana in aumento

I giovani non solo emigrano ma diminuiscono. In questo ultimo decennio l'Istat ha rilevato la decrescita delle fasce giovanili, come della popolazione calabrese, a fronte di una popolazione anziana che invece prevale e di un'età media che si alza.  La popolazione censita in Calabria al 31 dicembre 2019 ammonta a quasi 1mln 900 mila persone, con una riduzione di quasi 18 mila (-9,4‰) rispetto all’anno precedente.

Sempre secondo i dati Istat, l’età media in Calabria è pari 44,4 anni contro i 45,2 dell’Italia. Tutte le classi di età sotto i 50 anni vedono diminuire la propria incidenza rispetto al censimento del 2011. Crescono, più che nel resto d’Italia, consistenza e peso delle classi più anziane. Sono circa 46 mila i residenti con più di 64 anni (con un +12,3% in Calabria e +11,9% in Italia); i grandi anziani (con 85 anni e più) passano da 50.419 a 66.263 (+31,4%, +29,4% Italia). Il comune più giovane è Platì, in provincia di Reggio di Calabria, con una età media di 36,1 anni; quello più vecchio è Carpanzano, in provincia di Cosenza, dove l’età media è pari a 58,9 anni.

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