Ancora nessun nome quando è passato un anno dal decreto che aveva azzerato tutte le cariche. Il commissariamento (in quota Cannizzaro) potrebbe essere prorogato per la terza volta mentre la pianta organica è ridotta all’osso e si rischia la paralisi amministrativa
Tutti gli articoli di Attualità
PHOTO
Un ex presidente bocciato anche dal Tar, un commissario “scaduto” da più di una settimana, una Comunità del parco che ripropone nel consiglio direttivo due dei membri appena disarcionati su disposizione del Ministro dell’ambiente Pichetto Fratin e un direttore generale ancora da individuare. E sullo sfondo, la nomina del nuovo presidente che potrebbe slittare ancora, incastrata com’è nel Risiko politico tra Roma, Reggio e Catanzaro. A distanza di un anno dal decreto con cui il titolare del Mase aveva azzerato tutte le sue cariche politiche, al Parco d’Aspromonte si continua a navigare a vista, con una pianta organica ridotta all’osso e con il rischio paralisi sempre dietro l’angolo.
Il ricorso respinto
Il due volte ex presidente Leo Autelitano non l’aveva presa bene la delibera con cui, nel febbraio dello scorso anno, il Ministro aveva cancellato con un colpo di spugna tutte le cariche politiche del parco. Una decisione che l’ex sindaco di Bova aveva bollato come “manipolazione della realtà” e figlia di un piano “cucito e perfezionato in qualche bottega politica di Reggio Calabria, per poi essere trasferito al ministero, da mani autorevoli e ben accreditate”. Convinto delle sue ragioni, Autelitano aveva proposto ricorso al Tar che, nei giorni scorsi, ha pubblicato le motivazioni del rigetto della richiesta, sottolineando come il provvedimento ministeriale fosse figlio delle “gravi, plurime e finalisticamente connesse criticità che avrebbero connotato nel tempo, l’agire dell’ente rispetto alla complessiva gestione del personale, fioriera di danno erariale”.
Di proroga in proroga
In sostituzione dell’ex presidente Autelitano, la scelta ministeriale per l’ennesimo commissario messo guidare uno dei parchi calabresi (sorte condivisa con il parco del Pollino e quelli delle riserve marine e delle Serre, che però sono considerati parchi regionali) cadde sull’ex direttore dell’Asp di Reggio Renato Carullo, in origine vicino all’ex governatore Agazio Loiero e poi trasmigrato verso la corte del parlamentare reggino e plenipotenziario forzista in Calabria, Ciccio Cannizzaro. A distanza di un anno da quel provvedimento, di durata semestrale ma prorogabile di sei mesi in sei mesi, l’ex funzionario alla sanità è ancora saldamente al suo posto alla guida della più importante meraviglia naturalistica della provincia. Con la seconda proroga scaduta lo scorso 8 febbraio, e nessun segnale romano che faccia intendere il raggiungimento di un accordo per la presentazione della terna di nomi da cui attingere per colmare la casella vacante, tutto fa pensare ad una nuova proroga. Con tanti saluti alle attività di programmazione (i commissari possono occuparsi solo della normale amministrazione) indispensabili per un ente che si estende per quasi 70 mila ettari e che comprende al suo interno 37 comuni.
La minestra riscaldata
Quella del Presidente non è però l’unica casella mancante nella macchina operativa del parco. La coperta infatti è corta anche per quanto riguarda la nomina del comitato direttivo, l’organo collegiale che affianca il presidente e che è formato da otto membri: quattro di nomina ministeriale e quattro, eletti dalla comunità del parco (i 37 comuni che ricadono nei confini della riserva a cui si aggiungono la città metropolitana di Reggio e la regione Calabria). Anche in questa occasione, lo stallo sembra essere causato (almeno per la parte “romana”) dal risiko politico tra Roma, Catanzaro e Reggio. Sono pronti invece i candidati “calabresi”, scelti la scorsa estate a Gerace (ma mai entrati effettivamente in gioco) durante una riunione di tutti i Comuni interessati. E anche qui le sorprese non mancano, visto che delle quattro caselle da spuntare, due vengono proprio dal vecchio comitato “sciolto” dal Ministro. Nell’assemblea geracese infatti oltre al sindaco di Santa Cristina, Salvatore Papalia e a quello di Roccaforte, Domenico Penna, sono rientrati dalla finestra anche Mimmo Modafferi, primo cittadino di Africo, e Francesco Malara sindaco di Santa Cristina, già “commissariati” l’anno scorso in seguito al decreto Fratin.