VIDEO | Nel consueto processo simulato il ruolo di giudice è stato assunto dall'ex ministro Fornero. Imputato mister Scrooge, il personaggio nato dalla penna di Dickens
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Il lavoro che cambia è al centro del Festival nazionale di Diritto e Letteratura in corso in questi giorni a Palmi e, nella consueta simulazione di un processo, “il giudice” condanna l’imprenditore avaro e sfruttatore.
L’evento culturale, giunto all’ottava edizione, prevede anche sessioni nelle scuole – ospiti di rilievo quest’anno gli scrittori Erri De Luca e Maurizio De Giovanni – ma come al solito è incentrato soprattutto sul botta e risposta tra accusa e difesa, fino alla sentenza finale, sul personaggio storico o di fantasia che con la sua attività rappresenta le contraddizioni che il giudice si trova a dover scandagliare.
«Abbiamo scelto il tema del lavoro – argomenta Antonio Salvati magistrato e ideatore del Festival – perché mai come in questa epoca l’economia influenza il diritto, fino al punto di mettere in discussione lo stato sociale». Non a caso nel processo simulato alla sbarra è finito Ebnezer Scrooge, il personaggio ottocentesco nato dalla penna di Charles Dickens, che rappresenta appunto ciò che più antietico possa esistere rispetto ai diritti dei lavoratori. A giudicarlo è stata Elsa Fornero, ex ministro del Lavoro, che, - al termine di un dibattito sulla distinzione tra legge e legalità e su come le epoche condizionino le norme e i costumi – ha ricordato come «le leggi dell’epoca non sanzionassero quel tipo di uomo d’affari, ma ugualmente la sua condotta è da considerare disumana, quindi da condannare».
E se il consigliere di Stato Claudio Contessa, interpretando la parte del difensore ne aveva chiesto “l’assoluzione” – proprio in considerazione dei limiti delle norme del tempo – si è finiti col riconoscere l’assoluta prevalenza del valore della giustizia rispetto a quello più generico della legalità. «Oggi – ha detto Salvati rispondendo ad una domanda sulla contemporaneità della biografia del magnate disumano – da giudice del Lavoro noto atteggiamenti molto radicati che in Calabria non siamo riusciti ad estirpare, come quello di chi considera il lavoro non un diritto che dà vita ad altri diritti da rispettare, ed invece di considerarsi un imprenditore si sente un benefattore a cui il lavoratore deve dire grazie».