I riflettori di Dentro la Notizia oggi puntano su due centri in cui il servizio di primo intervento non c'è più. I cittadini esasperati: «Così ci fate morire soli»
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Non è il maltempo a rendere spettrale la facciata dell’ospedale di Nicotera. Il verde muschio, forse una volta brillante, è interrotto dai graffi dell’incuria. L’esterno della struttura calabrese, non è diversa da un ospedale allocato in una zona mediorientale di guerra. Invece siamo in Calabria, siamo a Nicotera, nel Vibonese. Il palazzaccio che fa da sfondo all’ultima diretta di “Dentro la Notizia”, il format condotto da Pasquale Motta, era un nosocomio, poi un contenitore di ambulatori, forse una futura casa di cura, qualunque cosa significhi, e poi una Guardia medica ma a metà. I comitati cittadini stanno portando avanti da tempo, una lotta partita dalla fine dei festeggiamenti per un punto di pronto intervento condiviso con la cittadina di Limbadi, funzionante h24 e anche ben attrezzato, e poi scippato ad entrambe con la scusa della pandemia.
Un lutto che forse si poteva evitare
Ma andiamo con ordine. Prima la parola ai cittadini. «Cosa chiedete?» chiede Motta a un signore anziano. «Un diritto elementare, il diritto alla salute. In concreto? Un 118 medicalizzato e funzionante sempre perché, le spiego, l’ospedale più vicino dista da qui 28 chilometri, e non parliamo di autostrada».
Il lutto che ha colpito Nicotera, non ha fatto che aumentare la rabbia per un’indifferenza ostentata dalle istituzioni nei confronti di un problema molto serio. Un uomo pochi giorni fa, in seguito a un malore, è morto mentre raggiungeva l’ospedale di Vibo. Il sindaco Pino Marasco è ancora scosso mentre racconta di quella corsa disperata che è stava vana. «Salvatore era un mio amico. Ha avuto in infarto e nessuno qui a cui rivolgersi. Un medico privato, compresa la gravità della sua situazione ha detto ai figli di portarlo immediatamente in ospedale. E loro hanno fatto quello che si faceva negli anni Sessanta: hanno caricato il padre in macchina cercando di raggiungere Vibo il prima possibile. Ma Salvatore non ha resistito, nei dintorni di Poro è morto».
«Diritto alla salute, chiediamo la luna?»
Ed è questa la paura più grande dei cittadini di due comuni sedotti e abbandonati: quella di morire da soli. «Vogliamo solo poterci curare se stiamo male, chiediamo la luna?» La domanda è retorica, ma la risposta non è così scontata. Lo sa bene Pino Brosio, giornalista di lungo corso, che questa storia l’ha raccontata tantissime volte, così come quella dell’ospedale o di quel che ne resta. «Non chiediamo l’elemosina, vogliamo solo che la politica si occupi di questa faccenda e la risolva».
A ripercorrere la paradossale vicenda del “furto” della Guardia medica, è il sindaco Marasco che, disperato, dopo aver bussato a tutte le porte alla fine è stato costretto a presentare un esposto alla Procura. «Quando succede una cosa così, vuol dire che davvero si è toccato il fondo – dice senza nascondere l’amarezza -. Mentre la politica decide che fare qui la gente muore. Nel 2008 – ricorda – l’allora direttore sanitario Curia propose ai due comuni, quello di Nicotera e quello di Limbadi, di unire le due Guardie mediche e crearne una sola, condivisa, che però sarebbe stata attiva 24 ore su 24. Il collega di Limbadi acconsentì e tutto filò una meraviglia fino al 2021. Quel punto di intervento, per intenderci, non solo funzionava benissimo, era proprio un fiore all’occhiello, in modello da esportare al livello provinciale». E allora cosa succede a queste latitudini quando una cosa funziona non bene ma benissimo? Si smonta.
Tutta colpa del Covid?
«Ci dissero che la colpa era della pandemia – continua Marasco – se i turni della Guardia medica erano stati ridotti da 24 a 12 ore. Ma doveva essere una cosa del tutto temporanea, così ci ripetevano. E invece…». E invece la storia è finita in Procura dopo che il sindaco, per caso, ha trovato appesa alla porta della Guardia medica, una fotocopia in cui si avvertivano gli utenti che il servizio sarebbe stato interrotto per 5 turni. «Ho fatto tutti i passaggi istituzionali che sono in mio potere, ho portato avanti le istanze dei cittadini al meglio delle mie possibilità, di contro ho avuto solo promesse di pazientare. Adesso assistiamo alla chiusura, addirittura, per giorni interi della Guardia medica. E il povero Salvatore, che ci ha rimesso la pelle, non è che una delle vittime di questa indifferenza che ci circonda».
Sindaco di Limbadi, Leo Mercuri, è avvilito perché non si capacita ancora di quello che è accaduto. Ed è pentito di aver acconsentito a quell’accordo così disgraziato anche se all'epoca pareva tanto vantaggioso. «La situazione qui è da Terzo mondo. Noi di Limbadi abbiamo accettato quel patto: rinunciare alla nostra Guardia medica pur di averne una, condivisa con Nicotera, ma attiva tutto il giorno e la notte. Alla fine ci hanno fregati tutti. A questo punto, visto che i patti sono stati infranti, chiedo ufficialmente che sia ripristinato il punto di assistenza a Limbadi, voglio che tutti torni com’era prima».
«Siamo in stato d'emergenza»
Mimmo Pagano, dell’associazione “Difesa di diritti del territorio” guarda in prospettiva: «Abbiamo fatto un incontro con tutti i sindaci del comprensorio e prodotto un documento, corposo, che sancisce lo stato di emergenza del nostro territorio e chiediamo l’immediata costituzione di un 118 pronto e attivo sempre».
Gli fa eco Mariella Calogero, che è parte del medesimo comitato. «La Regione dovrebbe prevedere incentivi per i nostri medici laureati che in questo modo sarebbero invogliati a prestare qui la propria opera. Una soluzione del genere risolverebbe in un colpo solo due problemi: l’occupazione e l’assistenza».
È possibile rivedere l'intera puntata su LaC Play.