L’appuntamento ha radunato oltre trenta produttori italiani ed esteri per proporre un modello alternativo all'agrindustria. Valorizzata anche la vecchia coltura del fagiolo poverello bianco del Pollino
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Due giorni di intense attività, confronti, dibattito, scambio di buone pratiche e soprattutto la volontà di proporre un modello alternativo all'agrindustria nel sistema agricolo italiano ed internazionale. «Il futuro» di una nuova visione di agro ecologia parte dal Pollino per la rete di Slow Beans, il meeting delle leguminose di Slow Food Italia che ha radunato a Mormanno, presso la Galleria d'Alessandro, oltre trenta produttori italiani ed europei impegnati sui territori per costruire un modello alimentare sano e sostenibile, in cui i legumi costituiscono l’elemento chiave per il benessere delle persone e dell’ambiente. I dettagli sono contenuti in una nota stampa dei promotori.
L’edizione 2024 a Mormanno
Nell'edizione 2024 organizzata da Slow Food Italia, Slow Food Calabria, Slow Food Valle del Mercure Pollino e la Comunità dei produttori del fagiolo poverello bianco Presidio Slow Food con il contributo di Regione Calabria, Calabria straordinaria, Arsac, Parco Nazionale del Pollino, Gal Pollino Sviluppo, Comune di Mormanno, Comune di Laino Borgo, Comune di Laino Castello, si è ribadito con forza «la necessità di riportare il cibo al centro delle agende politiche, istituzionali e della società civile, attraverso l’incontro e il dialogo tra soggetti e attori diversi, per competenze, capacità e risorse, e interconnessi per un obiettivo comune: uno sviluppo realmente sostenibile, ambientale ma anche, al contempo, economico e sociale» - ha spiegato Roberta Billitteri, vice presidente di Slow Food Italia - «Quello di Slow Beans è un percorso coerente che si rende credibile anno dopo anno e che vuole educare alla consapevolezza del valore delle scelte alimentari ma anche proporre un modello alternativo a quello agrindustriale che ha creato solo disastri».
Il «diritto alla sovranità alimentare» - ha continuato la vice presidente di Slow Food - è quello che ribadisce la visione per la quale «il reddito si sostituisce al profitto, la qualità alla quantità» in una scala di valori che mette al centro uomini e donne in un rapporto interconnesso tra produzione e territori.
Nel corso della prima giornata una tavola rotonda con i rappresentanti della rete della Chiocciola, enti locali, divulgatori ed esperti come Salvatore Ceccarelli dell'Università di Perugia, Anna Irene De Luca dell'Università di Reggio Calabria e Massimo Rovai e Francesca Galli dell'ateneo di Pisa ha focalizzato l'attenzione sul tema delle microfiliere come protagoniste del cambiamento per coltivare un futuro possibile. «Quando si parla di cibo si fa sempre cultura - ha ribadito il presidente di Slow Food Calabria, Michelangelo D'Ambrosio - e noi abbiamo la pretesa di presentare a tutti la visione per una filiera colta. La qualità che esprimiamo in eventi di tale portata è sempre quella non soltanto organolettica ma anche politica, rispetto alle scelte che mettono in campo e condividono i produttori della rete associativa».
Le eccellenze autoctone
Tra i modelli territoriali raccontati nel corso del confronto l'esperienza del Fagiolo Poverello Bianco del Pollino che attraverso la portavoce dei produttori, Teresa Maradei, ha saputo offrire uno spaccato di sviluppo agricolo che ha «recuperato una vecchia coltura che si stava perdendo e l'ha saputa rendere modello di aggregazione agricolo, sociale ed economico che ha la volontà di ricostruire il paesaggio della valle del Mercure dove nel passato erano oltre 1000 gli ettari coltivati e dedicati a questa leguminosa. Noi ci muoviamo nella direzione di uno sviluppo consapevole - ha aggiunto - e abbiamo saputo aggregare giovani donne e uomini che, in sinergia con le istituzioni locali dei comuni di Laino Borgo, Mormanno e Laino Castello, hanno creduto nella valorizzazione di un ecotipo locale portandolo in pochi anni ad essere Presidio Slow Food partendo da una De.Co intercomunale».