Emigrato in Germania a 16 anni dopo il ritorno a Pietrapaola ha avviato la sua attività, ora ereditata dai figli Vito e Giovanni. Ma lui è sempre presente e continua ad insegnare i segreti del mestiere di artigiano
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La storia di Mastro Ciccio “il diavolo del martello”! La sua vita è stata interamente dedicata alla lavorazione del ferro. Che è stata sin da bambino la sua passione. Aveva appena 16 anni quando è emigrato in Germania, ma poi decise di tornare in Calabria, sempre con la passione della lavorazione del ferro. Una storia bella, dura e forte. Come ormai non se ne raccontano più!
Ma chi è Mastro Ciccio? È Francesco Talarico, un artigiano che ha dedicato la sua vita al ferro battuto, creando opere di grande valore e bellezza. Nato a Pietrapaola dopo la seconda guerra mondiale, l’11 agosto 1944, oggi è un ottantenne attivo e ben consapevole, che continua ad avere passione e forza per il suo lavoro. La sua avventura inizia all’età di sei anni, quando inizia a lavorare come piccolo maniscalco nella bottega di suo nonno e suo padre. Da bambino si divertiva a forgiare ferri di cavallo, chiodi e utensili vari, imparando i segreti del mestiere e la passione per il ferro, diventando prima maniscalco e poi un vero fabbro doc.
A sedici anni Francesco si trasferisce in Germania, dove trova lavoro come fabbro in una grande azienda. Qui si fa notare per la sua abilità e la sua forza nel maneggiare il martello, tanto da guadagnarsi il soprannome di “il diavolo del martello”. Per quattro anni e mezzo, Francesco lavora in Germania, arricchendo la sua esperienza e il suo stile. A vent’anni Mastro Ciccio decide di tornare in Calabria, dove apre la sua bottega a Pietrapaola, piccolo comune sulle ultime pendici della Sila Greca cosentina. Qui riprende la tradizione di famiglia, realizzando opere in ferro battuto di grande valore artistico e di notevole qualità. Francesco lavora per chiese, amministrazioni e privati, creando cancelli, inferriate, lampadari, portali e altri oggetti che testimoniano la sua maestria e la sua creatività.
Ma lui è anche un maestro per i suoi figli, Vito e Giovanni Talarico, che hanno ereditato la sua attività e continuano la sua opera. I due fratelli hanno seguito le orme del padre, apprendendo i suoi segreti e le sue tecniche. Oggi sono loro a portare avanti la tradizione dell’artigianato calabrese del ferro, con lo stesso spirito e la stessa passione del papà. L’azienda si chiama I figli del fabbro. Qui l’impegno fondamentale è l lavorazione del ferro battuto, attività tradizionale e nobile in cui la famiglia Talarico è impegnata da oltre cent'anni. L’antico mestiere è diventato col tempo un’importante attività a livello industriale, mantenendo sempre e comunque gli standard qualitativi dell'artigianalità.
Mastro Ciccio è orgoglioso dei suoi figli, ma anche preoccupato per il futuro dell’artigianato. In un’intervista rilasciata al canale YouTube Calabria Enotria, Francesco ha espresso una critica dura alla mancanza di formazione nel settore dell’artigianato, indispensabile per i giovani, soprattutto per il loro inserimento lavorativo. Secondo Mastro Ciccio, oggi c’è troppa burocrazia e troppa concorrenza sleale da parte di chi produce oggetti in ferro battuto a basso costo e scarsa qualità. Inoltre, Francesco lamenta la scarsa valorizzazione dell’artigianato da parte delle istituzioni e della società, che non riconoscono il lavoro e l’arte dei fabbri. Quello che un tempo fu ‘il diavolo del martello’ oggi è molto preoccupato, ed auspica una maggiore attenzione e sostegno all’artigianato calabrese, che rappresenta una ricchezza culturale e una fonte di occupazione per il territorio. E invita anche i giovani a scoprire il fascino e la bellezza del ferro battuto, e di un mestiere antico ma sempre attuale, che richiede abilità, fantasia e passione.
Francesco Talarico, meglio conosciuto come Mastro Ciccio, è un esempio di artigiano che ha fatto della sua professione una missione e una vocazione. Con il suo martello ha scritto la storia dell’artigianato calabrese, lasciando un segno indelebile nella sua terra e nel cuore delle persone che hanno ammirato le sue opere.