Un lupo è stato trovato morto sul versante orientale del Parco nazionale dell’Aspromonte. L’esemplare, riverso su una strada sterrata, presentava un foro di proiettile. È stato individuato presso Monte Scapparrone da un gruppo di escursionisti che hanno allertato le autorità. L’intera vicenda viene resa nota dal gruppo Adorno, volontari antibracconaggio attivi in territorio calabrese. In particolare, il sodalizio spiega: «I volontari intervenuti sul posto dopo la rimozione hanno constatato che non vi era alcuna traccia di sangue sul terreno. Appare evidente, pertanto, che il lupo è stato ucciso altrove e trasportato in auto in quel posto per farlo ritrovare». Altri episodi si sono verificati negli anni passanti sempre nella provincia di Reggio: «Era già successo nel 2013 quando una lupa, presa al laccio e poi finita a colpi di fucile, era stata fatta ritrovare su una panchina di Brancaleone e nel 2014 quando un lupo, sempre sparato, fu fatto ritrovare con un fiocco rosso al collo sulla 106 a Condofuri. Inoltre un intero branco di lupi sarebbe stato sterminato nell’inverno 2019 nella valle dell’Amendolea nel corso di una battuta abusiva al cinghiale».

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La tutela dei lupi e della fauna aspromontana

Eppure, evidenzia il gruppo Adorno, a distanza di giorni dalla vicenda «il Parco non ha dato notizia del ritrovamento. Perché tutto questo silenzio?», si chiede. Il sodalizio, poi, interviene sulla necessità di tutelare la fauna dell’Aspromonte e si dice contrario alla caccia di selezione, paventata per arginare i rischi di peste suina: «I focolai – fanno presente - si contrastano soprattutto vietando tutte le attività di calpestio, che favoriscono il diffondersi dell’epidemia. Ciò che apparentemente riguarderebbe solo i cinghiali, di fatto sarebbe un lasciapassare per l’uccisione di ogni specie animale, anche protetta. Se già oggi, che ogni attività venatoria è preclusa e ogni sparo è indice di reato, si svolgono nel Parco in ogni periodo dell’anno battute abusive, diurne e notturne, a cinghiali e ghiri, se i boschi sono pieni di trappole di ogni tipo, se si assiste continuamente ad uccisioni di uccelli o alla loro cattura illecita con reti senza che nessun bracconiere sia individuato e denunciato (com’è accaduto nel 2022), si può facilmente immaginare cosa potrebbe  accadere una volta che l’accesso delle armi nel territorio protetto sarà consentito».

I volontari contrari alla caccia di selezione

I volontari temono che il Parco diventi un far west dove si possa «lecitamente entrare con armi di ogni tipo e sterminare i lupi. Non solo perché rappresentano una minaccia per le greggi, ma anche perché uccidono i cinghiali, sottraendo le prede ai cacciatori. Secondo le più recenti ricerche, infatti, le prede predilette del lupo sono proprio i piccoli e i giovani di cinghiale, sui quali esercitano una forte pressione selettiva. Basterebbe dunque che le greggi di capre fossero protette da recinzioni elettrificate e da cani pastore addestrati e che si evitasse l’abbandono e l’inselvatichimento dei cani, perché gli attacchi alle greggi fossero totalmente scongiurati». Per il gruppo Adorno: «l’equilibrio ambientale non si garantisce con i fucili, ma salvaguardando i predatori che limitano naturalmente la diffusione di malattie nella fauna selvatica. La caccia invece, anche quella di selezione, determinando la dispersione dei branchi di cinghiali, favorisce il diffondersi dei focolai». Da qui la richiesta di interventi mirati per proteggere lupi e fauna selvatica delle montagne «che rappresentano, insieme ai boschi, la vera risorsa dell’area protetta meritevole di essere tramandata alle future generazioni».