In principio fu Fritz Zwicky. Fu lui a ipotizzare per primo che qualcosa di nascosto doveva esserci nell’Universo, qualcosa che lo permeava e che non produceva luce. Un trentennio dopo, Vera Rubin trovò le prove. In coppia con Ken Ford, notò che il movimento delle stelle portava a credere che le galassie, entro le quali si muovevano, dovevano possedere più massa di quanta sembrasse. Fu allora che la massima di Zwicky iniziò a uscire dalla scatola delle ipotesi per diventare una probabilità. La materia oscura non era un’invenzione fantascientifica ma era una parte, reale, dell’Universo.

The dark side of Universe

Cosa sia, esattamente, e dove si trovi è il nodo di Gordio che gli scienziati non riescono né a sciogliere né a tranciare di netto. Un vero rompicapo. La materia oscura esiste ma sebbene sia così corposamente presente, non si trova. Gli ultimi, in ordine di tempo, a cimentarsi con il mistero, saranno gli studiosi, circa 180, guidati dal Fisico dell’Università di Napoli Federico II, Giovanni De Lellis, che si metteranno sulle sue tracce partendo dalle particelle più inafferabili che conosciamo: i neutrini. Il Cern di Ginevra ha già dato l’ok per l’uso del più grande acceleratore di particelle del mondo, il Large Hadron Collider (Lhc) e del nuovo rilevatore di particelle Snd (Scattering and Neutrino Detector).

Dal bosone di Higgs al segreto delle stelle

«La chiamano materia oscura perché non si vede – spiega Marco Schioppa, professore associato al Dipartimento di Fisica dell’Università della Calabria – ma, a pensarci bene, sono tante le cose che non vediamo: i raggi cosmici, i neutrini. Non necessariamente gli elementi devono sensibilizzare i nostri sensi, anche se restano alla base della vita. L’idea è quella di ricreare la materia oscura in laboratorio e poi studiarla, come abbiamo fatto con il bosone di Higgs. Fino a cinquant’anni fa questo campo scalare era solo teorico, c’è voluto uno sforzo titanico per costruire lo strumento adatto per poterlo osservare e poi tantissimo tempo per analizzare tutti dati». Uno sforzo a cui partecipò anche l’Università della Calabria dove vennero realizzati delle parti dell’Atlas, il più grande acceleratore di particelle mai creato.

Tornando alla materia oscura, i neutrini potrebbero essere una via d’accesso per entrare nelle stanze segrete dell’Universo. L’intuizione parte dal fatto che la maggior parte dei neutrini nasce dai decadimenti di quark pesanti e questo consente di studiare una particella elementare, come il quark, che altrimenti resterebbe blindata.

Con Sandra Savaglio, astrofisica e astronoma di fama mondiale, cercheremo di fare luce, per quanto possibile, nell’oscurità più profonda dai tempi del Big Bang.

Professoressa Savaglio, cos’è o cosa potrebbe essere questa materia oscura?
«Si presume che ci sia un quarto, di quello che esiste nell’Universo, che potrebbe essere proprio questa componente misteriosa, chiamata “oscura” perché non emette luce».

Sembra un romanzo di Agatha Christie, abbiamo indizi ma ancora non si trova l’assassino.
«Giusta metafora. Si cerca questa materia oscura come si cerca l’assassino di un giallo ma nessuno sa ancora dove si trovi né come sia fatto. Bisogna seguire gli indizi e le tracce che lascia e che sono tanti».

Che indizi?
«Ad esempio ci sono delle evidenze che l’Universo funzioni meglio pensando all’esistenza della materia oscura. Ciononostante nessuno è andato a meta. Tutte le teorie e le idee, al momento, hanno condotto a risultati insoddisfacenti».

Insomma ancora niente assassino?
«Esattamente. La caccia è aperta».

Una ricerca infinita

L’osservazione del movimento delle stelle nelle galassie è stato forse il primo slancio verso questa ricerca infinita.
«Questa è stata una delle evidenze che hanno portato poi a ipotizzare l’esistenza della materia oscura».

Me lo spieghi come se avessi otto anni.
«Le galassie girano intorno al centro come il Sole gira intorno al centro della Via Lattea. Le stelle non finiscono al centro ma sfuggono all’attrazione gravitazionale muovendosi. Il punto è che queste stelle, si è visto, girano troppo velocemente. E perché lo fanno? Sono costrette, perché la forza di gravità che devono vincere è troppo forte e non può essere spiegata dalla sola presenza della massa della galassia».

È come se ci fosse una mano invisibile da cui le stelle devono fuggire e in fretta...
«C’è una forza di gravità più forte di quello che sembra a osservare la luce delle stelle. Da qui l’idea che esista una componente che non emette luce e che ha una massa che genera una forza di gravità 10 volte più forte di quello che ci si immagina contando le stelle, diciamo pure così per semplificare al massimo».

È davvero bizzarro pensare che una materia, che permea l’intero Universo, sia così sfuggente e inafferrabile. Professoressa, ma se davvero è ovunque, questa materia oscura potrebbe essere anche qui…
«Potrebbe essere tranquillamente anche qui».

Lo studio che sta per partire si concentra sui neutrini.
«Si tratta di particelle super leggere, che ora conosciamo abbastanza bene, non emettono luce, non interagiscono con le radiazioni come fanno gli atomi. I neon di questa stanza si accendono perché il gas interagisce con l’elettricità, si “eccita” ed emette luce. La materia oscura non si comporta così. I neutrini sono una componente di materia oscura ma sono troppo leggeri, non sono sufficienti a fornire quella materia che è necessaria dentro una galassia per generare quella forza di gravità così importante di cui parlavamo prima».

Secondo lei è giusto percorrere la strada dei neutrini per arrivare all’assassino da cui siamo partite?
«Questo nuovo studio parte dal decadimento dei neutrini. Questi sono difficili da catturare, non interagiscono con nulla, si muovono nello spazio come se non ci fosse nulla intorno perché non hanno carica elettrica. Parliamo di esperimenti estremamente complicati che richiedono tantissime persone, collaborazioni, investimenti per studi molto elusivi ma molto importanti che non migliorano la qualità della nostra vita ma avranno un effetto sul progresso scientifico dell’umanità».

Meglio procedere a piccoli “quanti”, che dice?
«Mutuando una citazione assai nota: un piccolo passo per un uomo, un grande balzo in avanti per l’umanità».