Anche un singolo respiro, è una benedizione. La storia della famiglia di Roberto Perrone sembra uno straordinario, incredibile viaggio di ritorno dall'inferno. È quella raccontata nell'ultima puntata di Primi piani, il format scritto e curato da Francesco Tricoli.

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Sono trascorse da poco le diciotto di sabato 28 novembre 2009 mentre Maria aspetta il rientro del marito e della figlia da Praia a Mare, nella loro casa di Belvedere Marittimo, sulla costa nord della Calabria tirrenica. È in cucina a preparare la cena, quando avverte il rumore lungo e fragoroso di una frenata provenire dalla strada della marina. Poi un tonfo, profondo e sordo. Corre alla finestra e si accorge di quanto la vita possa restringersi velocemente in un frazione tempo, di quanto sia asfissiante ed ovattata la sensazione del respiro che rallenta e del cuore che non tiene più lo stesso ritmo: sotto un'auto col parabrezza sfondato che ha tentato di inchiodare sull'asfalto viscido, scorge suo marito Roberto. Il conducente, una lunga successione di reati sul casellario, si scoprirà avere nel sangue una quantitativo di alcool eccezionale, quasi di diciotto volte superiore al valore tollerato.

Segue la corsa in ospedale. Giunti nei corridoi della rianimazione Maria ha come la sensazione che suo marito venga inghiottito dietro le porte che si chiudono dietro di lui. Quando si riapriranno tempo dopo, la sorte le avrà restituito un uomo completamente diverso. Da questo punto in avanti dovrà fare i conti con le sue più grandi paure e spingersi oltre l'istinto di arrendersi. Ha due figli ai quali badare, un marito da salvare ed una lunga salita sulla quale inerpicarsi. A tratti sembra non farcela, l'affanno è difficile da sostenere. Seguono mesi di riabilitazione e di attese snervanti. È tutto sempre più complicato, ma la tenacia e la volontà di ricostruire la famiglia sono forze più grandi. Poi un miracolo. Maria è incinta.

«In quella fase del percorso riabilitativo eravamo su Roma – ricorda Maria Pesce - ospiti di una struttura che ospita pazienti post-comatosi insieme a familiari: attimi di quella che ci sembrava una parvenza di normalità». Nasce così il piccolo Corrado: «Durante il coma – ricorda Roberto Perrone - ho sognato mio padre che mi diceva di non pensare a nient'altro che prendermi cura del bambino. Io non capivo a chi si riferisse. Poi mia moglie Maria mi ha detto di aspettare un bambino. E così, a quel piccolo, grande dono ho dato il nome di mio padre».

Oggi, nonostante sia trascorso più un decennio Roberto, supportato da tutta la sua famiglia, deve affrontare periodiche sedute di riabilitazione motoria presso centri specializzati in tutta Italia. E malgrado tutto il peso della sofferenza resta quasi impossibile sorprenderlo in balia dello sconforto: «Ho fatto una promessa a mia figlia Roberta – confessa – a costo di farmi tutta la navata col bastone, l'accompagnerò all'altare perché quel giorno sarà il più luminoso per la mia principessa ed io non voglio perdermelo». Il viaggio di ritorno dal coma è sempre una scommessa con la vita. E trovare un motivo per ricominciare daccapo sembra impossibile. Ma i miracoli accadono proprio quando si comincia a credervi. La storia di una famiglia armata soltanto del proprio coraggio che accoglie l'inevitabile, beffardo destino come un segno di speranza.