Realizzata tra il 1917 e il 1923, doveva essere il primo segmento di un progetto ben più ambizioso. Nel 1951 una littorina precipitò nel vuoto causando la morte di 11 persone e iniziò il declino, culminato nella chiusura definitiva del 1966
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C’è una storia di rotaie e visioni mancate che attraversa le colline del Vibonese, fatta di gallerie, viadotti e sogni di collegamenti interprovinciali mai realizzati. È la storia della ferrovia Vibo Valentia-Mileto, una linea a scartamento ridotto (950 mm) delle Ferrovie Calabro Lucane, attiva tra il 1917 e il 1966, che per quasi mezzo secolo ha rappresentato un collegamento fondamentale tra la costa vibonese e il suo entroterra.
Il primo tratto, da Porto Santa Venere (oggi Vibo Marina) a Monteleone (odierna Vibo Valentia), fu inaugurato il 2 luglio 1917, il secondo, da Monteleone a Mileto, vide la luce il 4 ottobre 1923. La linea, lunga poco più di 28 chilometri, doveva essere solo il primo segmento di un progetto ben più ambizioso: la creazione di una ferrovia di valico tra i versanti della Calabria con uno sviluppo complessivo di 121 km. Il tracciato previsto, infatti, doveva attraversare l’appennino calabrese, con una diramazione per il centro termale di Serra San Bruno e per le realtà industriali di Mongiana, per congiungersi alla linea Chiaravalle-Soverato. La ferrovia, inoltre, da Mileto avrebbe dovuto raggiungere Rosarno e quindi Cinquefrondi, collegandosi alla ferrovia Gioia Tauro–Gioiosa Jonica.
Il progetto, a causa dei tagli ai finanziamenti, naufragò completamente nel 1926, lasciando il tracciato incompiuto fino a Mileto. La ferrovia Vibo–Mileto, rimasta un ramo isolato, si snodava dalla costa all’area interna, toccando le stazioni di Vibo Marina, Pizzo Calabro, Longobardi, Vibo Valentia Città, Vena, Jonadi-Cessaniti, San Costantino Calabro e Mileto. Il materiale rotabile era composto da locomotive a vapore (locotender del gruppo 170), carri merci e carrozze terrazzini e, a partire dalla metà degli anni ’30, da automotrici del tipo M1, capaci di affrontare rapidamente il tracciato tortuoso tra le colline, rispondendo alle sempre più crescenti esigenze quotidiane di studenti, lavoratori e commercianti.
Il primo tratto della linea, da Vibo Marina a Vibo Città, rappresentava una vera e propria sfida per i convogli ferroviari dell’epoca: si passava dai 6 metri sul livello del mare fino a oltre 500 metri, con pendenze fino al 35 per mille, attraverso viadotti e gallerie. La ferrovia, da Vibo a Mileto, si sviluppava invece su un tracciato più pianeggiante, tra le colline del Monte Poro e poi in discesa verso Mileto.
Fino agli anni ’50, la strada ferrata visse una fase florida dettata da un consistente traffico passeggeri e merci. Nell’intero sistema ferroviario era fondamentale la zona portuale di Vibo Marina, località presso la quale si trovavano numerose aziende, come il Pastificio Gargiulo e, tra le industrie, Nuovo Pignone, Snam, Agip, Meridionale Petroli, nonché il cementificio dell’Italcementi, uno dei più grandi del Mezzogiorno.
A Vibo Marina, la linea delle Calabro era limitrofa, fra l’altro, alla linea Fs Reggio Calabria-Battipaglia e dunque al resto della nazione, garantendo un interscambio continuo di passeggeri e merci.
Il declino della ferrovia cominciò con un evento drammatico: il crollo del viadotto sul vallone Timpa Janca, il 17 novembre 1951, durante il passaggio di un’automotrice. L’incidente interruppe definitivamente il collegamento tra Vibo Marina e Pizzo Calabro. Nonostante ciò, il resto della linea continuò a funzionare (in parte con servizio auto sostitutivo) per altri quindici anni, fino alla chiusura definitiva nel 1966 e al successivo smantellamento.
Oggi poco rimane di quella infrastruttura. Alcuni edifici, come la vecchia stazione di Jonadi-Cessaniti e quella di San Costantino, sono stati riadattati a usi civici, mentre altri giacciono abbandonati, inghiottiti dalla vegetazione, insieme alle opere d’arte. Parte del tracciato è stata convertita, nel suo punto più panoramico, in ciclovia, mentre in altri tratti la ferrovia è stata trasformata in strada comunale. Basti pensare al centro di Vibo Valentia, dove la vecchia stazione di Vibo Città è oggi sede degli autoservizi di Ferrovie della Calabria. A Mileto, nel piazzale dell’ex stazione, è monumentata la locomotiva FCL 412 (modello, peraltro, mai impiegato sulla Vibo–Mileto, dono delle Ferrovie Taurensi). L’ormai dormiente locomotiva ricorda agli automobilisti della Ss18 l’esistenza di un glorioso passato. Eppure, quella ferrovia ha lasciato un’impronta profonda nella memoria collettiva: ha rappresentato un’opportunità di sviluppo, di connessione e di crescita sociale per un territorio spesso penalizzato.
L’incidente del 1951
All’alba del 17 novembre 1951, la littorina “Emmina” M1-36, in servizio sulla linea Vibo Marina–Mileto, precipitò nel vuoto a causa del crollo del ponte Ciliberto, situato nei pressi di Timpa Janca, tra Pizzo e Vibo Marina. Il disastro provocò la morte di 11 persone (9 sul colpo) e il ferimento di diversi passeggeri.
Il convoglio, partito da Mileto alle 4:10 del mattino, trasportava a bordo 35 persone, tra cui operai diretti alle industrie di Vibo Marina, insegnanti, un gruppo di carabinieri e altri lavoratori. Poco dopo le 5:00, mentre il convoglio attraversava il ponte Ciliberto, un’arcata del viadotto cedette improvvisamente, facendo precipitare l’Emmina da un’altezza di circa 18 metri.
Tra le vittime: Giuseppe Carbone (31 anni), Vero Berardo (35 anni), Clementina Gradia (45 anni), Francesco Mazzitelli (44 anni), Michele Comito (39 anni), Giuseppe Fresca (36 anni), Francesco Mamone (31 anni), Giuseppe Francolino (28 anni), Antonio Cicchello (34 anni), Gregorio Chiarella (44 anni).
La tragedia colpì duramente la comunità locale, lasciando un segno indelebile. Il ponte Ciliberto non fu mai ricostruito e il tratto ferroviario interessato dall’incidente venne definitivamente chiuso, segnando l’inizio del declino della linea Vibo Marina–Mileto.
Nel 2021, in occasione del 70° anniversario della tragedia, la Pro Loco di Vibo Marina ha organizzato una cerimonia commemorativa, posizionando una stele con i nomi delle vittime nei pressi del luogo del disastro al fine di garantirne il perenne ricordo.