Il progetto (di quattro mesi) dell’ateneo per due studentesse di Scienze della formazione. «Ci chiedono: “Cosa andate a fare al Sud?”. Ma siamo sicure che la mobilità al contrario ci arricchirà»
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Il percorso di Sara Mantuano e Alessia Carbone va controcorrente. Le due pioniere dell’Erasmus italiano studiano Scienze della formazione a Bergamo e stanno preparando le valigie per dare gli esami del secondo semestre nell’ateneo di Reggio Calabria. Un viaggio al contrario rispetto a quello che raccontano i numeri: quasi il 30% dei giovani meridionali migra al Centro-Nord per studiare. «Ma che ci vai a fare a Reggio Calabria?» è la domanda che si sono sentite rivolgere più spesso nelle ultime settimane. Le loro storie e i loro progetti sono diversi.
Per Alessia Carbone, ad esempio, si tratta (in parte) di un ritorno a casa: è emigrata 15 anni fa dalla Calabria alla provincia di Brescia. «In fondo la mia terra non l’ho mai del tutto abbandonata – racconta a Repubblica –. E il mio sogno è di tornare a vivere e lavorare dove sono nata. Magari resterà solo un desiderio, ma quest’Erasmus italiano è una possibilità unica, dovevo provarci». La speranza è quella di farsi conoscere e conoscere la Calabria «dal punto di vista scolastico e accademico, sono andata via troppo piccola e non ho mai potuto farlo - aggiunge Carbone -. Ora sto al quarto anno e un tirocinio in una scuola dell’infanzia del mio paese d’origine è un’occasione troppo ghiotta: proverò a unire il focus sulle Stem con il contesto territoriale dell’Aspromonte».
Partirà a febbraio, per almeno quattro mesi, con la voglia «di superare il luogo comune che dice che solo al Nord si può trovare un livello scolastico alto. L’incontro per me sarà proficuo e al tempo stesso in Calabria voglio portare il mio bagaglio di esperienze. Spero solo di trovare la stessa apertura e disponibilità che ho incontrato al Nord».
Diversa la storia di Sara Mantuano: 42 anni, una bimba di 10 mesi, un lavoro come insegnante di sostegno alla scuola primaria e una futura laurea in Scienze della formazione. «Mi sono iscritta al bando – spiega anche lei a Repubblica – perché sono convinta che un’esperienza di studio in un’altra regione possa arricchire, e di molto, il mio percorso formativo». Anche lei starà a Reggio Calabria per quattro mesi almeno, con bimba al seguito. «L’idea di creare questa mobilità al contrario la trovo preziosa. La maggior parte degli insegnanti assai validi che ho avuto nel mio percorso venivano proprio dal Sud Italia, una terra di risorse e di crescita», dice. Ed è forse questa la risposta migliore alla domanda «Ma che ci vai a fare a Reggio Calabria?».