Un documento della Uil simula la scomparsa della sanità pubblica. In Calabria le tariffe più alte: fino a 48mila euro per l’asportazione di un tumore al seno, 1.800 euro al giorno per un ricovero. L’appello del sindacato: «Fermare la riforma Calderoli»
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Quanto costerebbero ricoveri e interventi se la sanità fosse solo privata? L’ipotesi di un futuro senza sanità pubblica viene indagata in un report prodotto qualche giorno fa dalla Uil (è firmato dal servizio Politiche sociali e Welfare, Sanità, Mezzogiorno e Immigrazione del sindacato). Lo scenario viene indagato per Lombardia, Lazio e Calabria a partire dal presupposto che il Sistema sanitario nazionale sia «vicino al punto di non ritorno».
«Il progressivo arretramento della sanità pubblica – spiega il sindacato – è un colpo mortale per i bilanci delle famiglie e un ridimensionamento del diritto alla salute».
La critica si rivolge soprattutto al governo, i cui provvedimenti «in materia di sanità, a partire dalle leggi di bilancio per finire al recente decreto “abbatti liste”, vanno nella direzione di un rafforzamento della sanità privata a discapito di quella pubblica». La Uil si propone di continuare «la battaglia per una sanità pubblica e universale anche con la raccolta delle firme per il referendum abrogativo della legge Calderoli, impropriamente definita regionalismo differenziato».
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Il riferimento all’Autonomia differenziata non è certo casuale. Uno dei rischi paventati da chi si oppone alla riforma è che la sanità pubblica, nelle regioni più povere, potrebbe uscirne ulteriormente ridimensionata. Sia in termini di disponibilità delle strutture che per l’emigrazione dei medici, che potrebbero ottenere migliori condizioni di lavoro (anche economiche) al Nord. Il rischio, dunque, è che i cittadini del Sud si trovino a fare i conti con una sanità pubblica ancor più povera e a dover ricorrere al privato. Sotto questo aspetto, il documento della Uil rivela che i costi, per i calabresi, sarebbero più alti che per i loro connazionali quando cercassero un’alternativa nel privato.
Con l’autonomia differenziata dunque, il rischio è che i cittadini calabresi si trovino non solo a fare i conti con una sanità pubblica ulteriormente impoverita, ma a dover spendere di più dei loro connazionali quando cercassero un’alternativa nel privato.
Costi esorbitanti: in Calabria 48mila euro per curare un tumore al seno
L’analisi dei costi è impietosa e descrive uno scenario fuori dalla portata di (quasi) tutte le tasche. Una persona che necessitasse di un ricovero per bassa complessità assistenziale, in assenza del Servizio sanitario nazionale, dovrebbe sostenere una spesa giornaliera che varia da un minimo di 422 euro fino a un massimo di 1.178 euro in Lombardia, da un minimo di 435 a un massimo di 1.278 euro nel Lazio e da un minimo di 552 a un massimo di 1.480 euro in Calabria.
Se il ricovero fosse ad alta complessità assistenziale, per il report della Uil il conto sarebbe ancora più salato e, al giorno, si andrebbe da un minimo di 630 fino a 1.470 euro in Lombardia, da 530 a 1.800 euro nel Lazio e da 570 a 1.800 euro in Calabria.
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Costi esorbitanti per un intervento chirurgico più complesso come l'asportazione di un tumore alla mammella: secondo i dati raccolti dal sindacato si dovrebbe sostenere una spesa che può arrivare sino a un massimo di 29.400 euro in Lombardia, di 32.400 euro nel Lazio e di 48.400 euro in Calabria.
Per un check up cardiologico (in questo caso le tariffe variano a seconda di età, sesso e tipo di esame) il costo in regime privato varia da un minimo di 220 euro a un massimo di 295 per donna e uomo in Lombardia, da un minimo di 234 euro a un massimo di 275 per una donna e da 235 a 275 euro per un uomo nel Lazio, da un minimo di 373 a 400 euro per una donna e da un minimo di 343 a un massimo di 397 per un uomo in Calabria.
Infine, per risolvere un’occlusione intestinale del neonato o per affrontare casi più gravi come quelli correlati a una spina bifida, il costo, varierebbe da 4.300 a 9.000 euro in Lombardia, da 6.100 a 9.000 euro nel Lazio e da 6.400 a 11.000 euro in Calabria. A questo andrebbe aggiunta la parcella del chirurgo: da 5 a 10.000 euro in Lombardia; da 5 a 11.000 euro nel Lazio e da 8 a 12.000 euro in Calabria.
Perché i costi della sanità privata sono più alti in Calabria
Insomma, i costi in Calabria sono sempre i più elevati. Dipende dalle logiche del mercato: al diminuire dell’offerta sanitaria privata, rispetto alla domanda di cura, crescono le tariffe. «Il che potrebbe configurare – evidenzia la Uil – un regime di monopolio con poche cliniche private che definiscono condizioni di “cartello”, i cui effetti ricadono sui cittadini in termini di prestazioni più salate. Questo spiega perché i costi di alcune prestazioni in Calabria risultano più alti delle stesse attenzionate in Lombardia e nel Lazio. Al Sud, infatti, con la scarsa presenza sul territorio di cliniche private e in assenza di dotazione di personale sanitario, si verifica ciò che viene definito un aumento di “payment for performance”, ossia un aumento del costo della prestazione».
Cifre, per il momento, sostanzialmente “virtuali”, visto che c’è il Sistema sanitario nazionale. Tutte le prestazioni analizzate sono oggi erogate in maniera gratuita: la salute è un diritto costituzionale, riconosciuto a tutti i cittadini grazie al Ssn. La Uil però ci tiene a ribadire che «non è scontato» e che questo diritto «va sorvegliato socialmente, rivendicato continuamente e difeso collettivamente».
L’appello finale è esplicito e il primo punto è «fermare la legge Calderoli» perché rischia di alimentare differenze che potrebbero sgretolare il diritto universale alle cure e legarlo alla latitudine. Le conseguenze sarebbero disastrose. Le cifre lo dimostrano.