Il network LaC ha avviato una campagna di informazione e comunicazione sull’Autonomia differenziata. Una iniziativa che non vuole essere una guerra del Sud contro il Nord ma un modo per ricordare chi siamo e chi potremmo essere. Lo ha spiegato l’editore del network Domenico Maduli, sottolineando numeri e prospettive di una mai tramontata questione meridionale. Oggi abbiamo realizzato un'intervista a monsignor Francesco Savino, vescovo di Cassano All'Jonio e vicepresidente della Cei, che del tema si occupa da tempo.

 

Ha firmato in Puglia la richiesta di referendum abrogativo della legge Calderoli. Non poteva essere diversamente, visto che Monsignor Francesco Savino, vescovo di Cassano allo Jonio e vicepresidente della Cei, da tempo ha assunto una posizione critica verso l’autonomia differenziata. Per questo guarda di buon occhio la campagna che il nostro network ha lanciato sulla questione.

«Don Lorenzo Milani sottolineava sempre come è importante la conoscenza della lingua, della conoscenza come strumento per emanciparsi. Bene quindi una campagna per far comprendere alla gente di cosa stiamo parlando, ma vorrei fare una premessa».

Prego, quale? 
«Quando noi vescovi interveniamo nei temi sociali, nella politica in senso più ampio, lo facciamo soltanto per amore del nostro popolo. “Per amore di Sion non possiamo tacere”, diceva il profeta Isaia. Come vescovo con libertà e franchezza intervengo, ma il mio intervento è di vigilanza culturale che mira a invitare la gente e il popolo a studiare, a ragionare sui temi di attualità».

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C’è chi dice che voi vescovi la legge non l’abbiate letta…
«Trovo offensiva una considerazione del genere. Intervengo da un anno e a maggio c’è stato un comunicato della Conferenza Episcopale Italiana nel quale abbiamo espresso le nostre preoccupazioni. E ci sono stati ottimi interventi delle Conferenze episcopali calabra, siciliana, campana. Oltre alle voci di singoli vescovi di tutta Italia».

Da dove nasce questa preoccupazione? 
«Perché riteniamo che questa legge produca un maggior impoverimento e darà meno possibilità a noi del Sud. Avverrà qualcosa di simile a quello descritto da George Orwell nella “Fattoria degli animali”: “tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri”. Il rischio è quello di creare un’Italia Arlecchino e una condizione da Far West con le regioni in conflitto fra loro. Basta guardare gli articoli 3 e 5 della legge e porsi alcune domande: perché non si è chiarita subito la determinazione dei Lep? Quali saranno i rapporti con i livelli essenziali di gestione? Che fine ha fatto il fondo di perequazione che serviva ad una redistribuzione della ricchezza? Non a caso un politologo come Viesti dello Svimez parla di una secessione dei ricchi. Come fanno a dire che non è così se le regioni possono trattenere il residuo fiscale regionale».

 I fautori della riforma dicono che così si responsabilizza la classe dirigente meridionale…
«Tutto questo non significa che siamo per il mantenimento dello status quo. Io dico sempre alla mia comunità che voglio il superamento dell’assistenzialismo, del welfare state. Vorrei piuttosto un welfare community, di comunità, di società. Nel quale le persone devono diventare protagoniste del riscatto sociale. Quello che io chiamo il risorgimento, un nuovo umanesimo del Sud. Ma è sbagliato relegare la questione ad un qualcosa che riguarda solo il Meridione».

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In che senso? 
«L’autonomia differenziata farà male anche al Nord. Bankitalia, Confindustria, l’Anci hanno prodotto diversi rapporti che di fatto stanno documentando, non per principio o pregiudizio, che questa riforma penalizzerà anche lavoratori, famiglie e imprese del Nord. Per questo come Cei a maggio abbiamo in un documento chiesto di essere ascoltati. Questa storia inizia nel 2001 con la riforma del titolo V della Costituzione effettuata dal centrosinistra, ora viene portata a termine dal centrodestra con la legge Calderoli. Non è evidentemente una questione di appartenenza o tifo politico, ma di amore verso il popolo. Purtroppo non siamo stati ascoltati. Ma sia chiaro, noi esprimiamo la nostra perplessità. Poi la politica è laica, i governanti sono stati eletti democraticamente e si assumono le loro responsabilità».

La legge ora è in vigore e non resta che il referendum per abrogarla. Lei crede che si raggiungerà il quorum? 
«Sono molto sereno, i cittadini potranno esprimersi liberamente e democraticamente. In Calabria 130 sindaci si sono organizzati, molte iniziative sono in corso per la raccolta delle firme. Il mio sospetto è che dietro questa riforma ci sia solo una mediazione e un compromesso fra le forze di governo che hanno scambiato l’autonomia differenziata con il premierato e la riforma della giustizia. E i cittadini e le cittadine? La carne viva delle persone? Ci rendiamo conto, ad esempio, del problema delle aree interne? Ho la fortuna di vivere in un territorio bellissimo, ma sono preoccupato per lo spopolamento. Viviamo un inverno demografico: ogni 7-8 anziani che muoiono c’è un solo bambino che nasce. Io qui visito posti come Altomonte, Mormanno, Morano, Laino Borgo e Laino Castello con centri storici bellissimi. Posti dove la bellezza ti seduce, ti abbraccia. Perché non ci confrontiamo su questi temi o vogliamo che l’autonomia differenziata svuoti completamente questi luoghi? Vede io parlo per amore della Calabria, per amore del Sud, rivendico il mio essere meridionale».