Il Coordinamento che ha proclamato l’astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale per il 20 luglio prossimo attraverso una lettera esprime tutto il disagio e manifesta i problemi che si verificano nella regione
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«Non ce la facciamo più». Attraverso una lettera inviata al ministro della Giustizia Carlo Nordio - che pubblichiamo integralmente – il Coordinamento delle Camere Penali calabresi, che ha proclamato l’astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale per il 20 luglio prossimo, esprime tutto il disagio e manifesta i problemi che si verificano nella regione alla quale servirebbero «almeno il triplo delle risorse».
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La lettera
«Signor Ministro, ognuna delle Camere penali della Calabria ha recepito i contenuti del documento di proclamazione dell’astensione del Coordinamento delle Camere penali calabresi e ha deliberato l’astensione dalle udienze e da ogni attività nel settore penale nella data di giovedì 20 luglio p.v. Sul tavolo un macro-tema: i tempi della giustizia, nel distretto di Corte di Appello di Catanzaro, per i presunti innocenti cautelati e per i “sopravvissuti” alle ingiuste detenzioni. Appelli cautelari che ricevono trattazione dopo mesi e mesi dal deposito dell’istanza difensiva; istanze che dovrebbe riparare le ingiustizie subite dai cittadini per illegittime detenzioni che sono fissate e trattate addirittura dopo anni. Le Camere penali calabresi esprimono (da tempo) grande preoccupazione per lo stato di salute della democrazia nella “Calabria giudiziaria delle centinaia di ordini di cattura”. Le maxi-operazioni danno vita, oramai, a maxi-spettacoli mediatici che obliterano -in maniera irrimediabile mediante vere e proprie sentenze sociali inappellabili- la presunzione di non colpevolezza e i diritti di libertà personale e patrimoniale e finiscono per distruggere i delicati meccanismi costituzionali di funzionamento della giurisdizione. Questa è la ragione della nostra “richiesta di soccorso”».
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«Il legislatore del nostro codice di procedura penale ha relegato la riunione dei procedimenti mediante connessione -il cui abuso è la causa dei maxi processi ad una ipotesi, non alla regola in quanto consapevole che la mole (quantitativa) dei giudicabili incide, inevitabilmente, sulla risposta qualitativa dei giudicanti. Nella “Calabria giudiziaria” l’eccezione è la regola. Signor Ministro, in queste latitudini giudiziarie è oramai prassi quotidiana dar vita a “processi straordinari in cui vengono concentrati presunti innocenti in forza di una interpretazione giuridicamente eccentrica, da parte della pubblica accusa, dell’istituto della connessione, che rende tutto (mafiosamente e non teleologicamente) connesso”. La normalità dell’eccezione ha introdotto un sistematico regime cautelare, prima, e processuale poi, anch’esso d’eccezione, che travolge l’amministrazione della giustizia in ogni ambito. Gli affari ordinari (appelli cautelari personali e reali, procedimenti di prevenzione personale e patrimoniale) non sono trattati secondo il principio della ragionevole durata: fissati dopo mesi e perfino differiti per ulteriori mesi poiché il Collegio del riesame è “sepolto” dalle istanze de libertate dei presunti innocenti catturati qualche giorno prima. L’Ufficio del riesame tenta, non di rado, di supplire mediante un reclutamento ad horas di giudicanti dal settore civile, chiamati a trasformarsi in veterani operatori del settore penale in grado di decidere della vita di presunti innocenti. Non solo. A fronte di un Ufficio di Procura distrettuale al pieno dell’organico non corrisponde un pari organico dell’Ufficio giudicante, il quale, benché funzionalmente preposto a delibare le istanze della stessa Procura, è affetto da cronica carenza, sia riguardo all’Ufficio Gip-Gup che alla sezione del Riesame», prosegue la lettera.
«Signor Ministro, con onestà intellettuale e senso di responsabilità dobbiamo riconoscere che non è possibile scaricare sulle spalle di un manipolo di magistrati giudicanti la responsabilità di smaltire il carico enorme proveniente dagli incidenti cautelari conseguenti alle maxi-operazioni. Vieppiù se si analizza la estensione geografica del Distretto di Corte di appello di Catanzaro e si prende atto delle migliaia di fascicoli iscritti ordinariamente ogni anno in materia di riesame personale e reale, appelli cautelari, istanze di prevenzione personale e patrimoniale, ablativa e non. Affari che, per essere esaminati e valutati, tutti, con la dovuta attenzione, richiederebbero almeno il triplo delle risorse rispetto a quelle al momento concretamente in organico. Le rivolgiamo, quindi, un accorato appello perché (almeno) su questo terreno ponga rimedio con la dovuta tempestività, considerata l’incidenza che il sottodimensionamento di organico produce e concorre a produrre sullo stato di salute della giurisdizione e, quindi, sui diritti di libertà. La Sua statura politica e La Sua vita da giurista impegnato sul campo costituiscono prerogative che La rendono l’unica Persona, in questo momento, non solo per funzione, in grado di sovvertire questo inaccettabile stato delle cose. Per parte nostra, Signor Ministro, continueremo a essere vigili e intransigenti, spettando all’Avvocatura il ruolo di sentinella delle libertà e, nello specifico, “la funzione di garantire al cittadino l'effettività della tutela dei diritti”. Su questa battaglia di civiltà non arretreremo e riserviamo ogni ulteriore iniziativa per porre fine allo stato di emergenza che oramai caratterizza la nostra “Calabria giudiziaria”. In attesa, fiduciosa, di un Suo cortese riscontro, Le rappresentiamo, sin d’ora, disponibilità anche a una interlocuzione diretta», conclude il Coordinamento delle Camere Penali calabresi.