Le telecamere del format di LaC, condotto da Pasquale Motta, accendono i riflettori sul presidio Giovanni Paolo II il cui lento declino ha privato i cittadini di servizi essenziali
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Attese infinite, liste chilometriche, disservizi e l’ombra dell’incertezza su un futuro che fa paura. La storia del presidio ospedaliero “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme, non sembra uno di quei racconti che finiscono bene. “Dentro la notizia”, il format di LaC condotto da Pasquale Motta, ha dato voce oggi a cittadini e comitati che da anni si battono per poter godere di un diritto essenziale: la salute. A prevalere è un cupo pessimismo figlio di una data precisa, considerata il preludio della fine: il 4 maggio del 2007.
Sedici anni fa, l'inizio della fine
«Più di 10mila persone scesero in piazza per fermare la soppressione dell’Asl numero 11 – racconta Francesco Grandinetti, ex presidente del consiglio comunale di Lamezia -. Sapevamo che quell’atto avrebbe portato a conseguenze nefaste. Così è stato. Se sul territorio non c’è una politica forte che si batte per difendere i cittadini, c’è poco da fare. Nessuno può capire cosa prova una famiglia quando si trova davanti a un muro, quando deve prenotare visite e la prima data utile è tra un anno. La rabbia inizia a montare, travolge, diventa incontenibile».
Benvenuta "Dulbecco", ma noi che fine facciamo?
Alla vigilia di quella che è stata ventilata come una riorganizzazione imponente della rete ospedaliera, Motta prova a riannodare i fili di una vicenda lametina destinata a intrecciarsi con quella dell’azienda “Dulbecco”, annunciato come il più grande polo sanitario della Calabria. Lo scrittore Igor Colombo mette il dito nella piaga: «Mentre non sappiamo come finirà la storia dell’ospedale lametino, ci troviamo a salutare l’arrivo di un’altra struttura, la “Dulbecco”, che ospiterà ben 800 posti letto. Bene, siamo felici, ma dobbiamo chiederci: noi che fine faremo? Vorrei chiamare in causa Amalia Bruni, che ringraziamo per il suo prezioso lavoro di ricerca, ma in quanto politica forse dovrebbe uscire dalla sua torre d’avorio e spiegarci in che modo, la “Dulbecco” gioverà a noi. Il nostro ospedale finirà per diventare una Casa della Salute?»
Tra sedie che mancano e porte rotte
Fiore Isabella, responsabile del Tribunale per i Diritti del Malato, pone l’accento sull’organizzazione della struttura sanitaria lametina. «Su 45 segnalazioni che inoltriamo, abbiamo ricevuto risposta, ma solo in termini di accettazione dell’email, solo in due o tre casi – racconta -. Uno dei problemi più seri riguarda la differenza che esiste tra l’organico di diritto e quello di fatto. E poi, andando ancora più nel concreto, a volte la gente che si trova in sala d’attesa non trova neanche una sedia dove accomodarsi, le persone portatrici di handicap neppure una carrozzina, le porte di sicurezza ai lati dell’ambulatorio sono completamente divelte, esposte». Una mamma, parte del "comitato 19 marzo", porta la sua testimonianza: «Anche i bambini sono vittime di questo caos, andate a vedere cosa succede nel centro di neuropsichiatria infantile: file chilometriche, centinaia di bimbi in lista d'attesa».
Felice Lentidoro, di Cittadinanzattiva, non vede spiragli: «La situazione è nera – dice senza mezzi termini – A distanza di sedici anni dalla famosa soppressione dell’Asl, che non siamo riusciti a scongiurare nonostante gli sforzi, siamo qui a vedere inermi un peggioramento della nostra situazione vertiginoso. Qui potevamo davvero costruire qualcosa che avesse risonanza regionale, non siamo stati in grado di mantenere neppure una cosa che abbia rilievo locale».